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Scomparso

La sorella cerca Giorgio, rapito in fasce da una 'dama nera'

Data pubblicazione:25/06/2013

Forse è una mamma anche lei, forse aveva un figlio come il mio e l’ha perduto. Ma appunto perché madre, dovrebbe comprendere lo strazio mio e di mio marito. Se ci riporterà il nostro Giorgio, non le accadrà nulla. Il nostro perdono, accompagnato da una viva comprensione, è già concesso. Ma che ce lo riporti, il nostro Giorgio!”

Con queste parole accorate, Giuseppina Degani lanciava il suo appello di madre disperata dalle pagine del “Gazzettino Sera” per riavere il suo piccolo Giorgio, che aveva soltanto 33 giorni di vita quando era stato rapito in pieno giorno a Venezia da una giovane donna, vestita di nero forse per un lutto recente, il 5 luglio del 1947. All’epoca Giuseppina Degani, 26 anni, e suo marito Tarquinio Baldrocco, 30 anni, avevano altre due figlie piccole nate durante la guerra, Anna Maria e Maria Paola. Il giorno del rapimento Tarquinio era con il figlio al chiosco di frutta che avevano aperto da poco in piazzale Roma. La moglie era andata a comprare delle scarpette per una delle bimbe e lui era intento a scaricare la barca, quando si avvicinò una strana donna, che già era venuta altre volte. Cerimoniosa e insistente lo convinse ad accettare il suo aiuto nell’accudire il bambino e, mentre lui si allontanava con la cesta della frutta, scappò via con il piccolo fagotto. L’opinione pubblica locale e nazionale vennero scosse violentemente dalla notizia e furono in molti a manifestare la propria solidarietà ai genitori del piccolo Giorgio. Una settimana dopo arrivò all’ufficio veneziano dell’Unione Donne Italiane una cartolina postale anonima in cui cera scritto: “Il bambino non è in brutte mani, sarà bene curato e avrà un titolo di studio. Perdonatemi. La donna vestita di nero”. Risultò spedita il 12 luglio del 1947, fra le undici e mezzogiorno, dalla stazione ferroviaria di Venezia. I maggiori quotidiani italiani si scagliano contro la “donna vestita di nero” e dopo qualche giorno alla redazione del “Gazzettino Sera” arrivò una lettera in cui si leggeva: “Una madre che ha perduto il marito, e con lui l’unica creatura che egli le aveva dato, non sa facilmente rassegnarsi alla rinunzia di due sentimenti egualmente forti e cari. Il gesto è folle, ma il cuore e l’assenza di tutti mi hanno fatto fare ciò. Il bimbo è sano, cresce bene. Sarà mia cura elevarlo ad un grado di cultura che faccia di lui qualcuno. E, quando sarà giunto il momento di staccarmi da questa terra, lo restituirò ai suoi cari”.

Gli inquirenti lavorarono alle ricerche senza trascurare alcuna traccia e il papà del bambino rincorse notizie e presunti avvistamenti in tutto il Veneto, spesso accompagnato da suo fratello o da qualche altro familiare. Ma dopo qualche mese l’interesse della stampa e della radio e lo stesso impegno degli inquirenti si affievolirono, finché la scomparsa cadde nell’oblio. Nel 1948 i coniugi Baldrocco ebbero la terza figlia, Laura. Proprio grazie a lei, dopo 65 anni, lo scrittore Alberto Toso Fei ha potuto consultare i documenti delle ricerche che mamma Giuseppina ha custodito gelosamente fino alla morte. Dopo una lettera anonima giunta alla redazione del Gazzettino subito dopo la presentazione del suo libro - in cui una sedicente figlia di Giorgio ne annunciava l’avvenuto decesso - Laura Baldrocco ha deciso di lanciare un appello con “Chi l’ha visto?” affinché si facciano avanti coloro che sanno: “Non credo che sia passato un giorno che non ho pensato a mio fratello. Ho sempre pensato che se un giorno succedesse di ritrovarlo sarebbe la gioia più grande della mia vita”.

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