Edizione:2002/2003
Data messa in onda:25/11/2002
"Cerco un mio compagno di collegio Edoardo Rugo. Siamo stati insieme negli anni dal '40 al '47, in piena seconda guerra mondiale ed eravamo insieme nei collegi della GILE, Gioventù Italiana del Littorio all'Estero". Andrea Contardo viveva in Francia con la sua famiglia. Quando la situazione per gli italiani diventò difficile, rientrarono in Italia. Ma non trovarono né casa né lavoro, come aveva invece promesso una campagna fascista. Per di più il capofamiglia fu richiamato alle armi e dovette partire per la guerra, dalla quale non tornò mai più. I suoi figli furono dichiarati orfani di guerra e la madre riuscì a sistemarne quattro presso i collegi della GILE. Nel 1941 Andrea Contardo venne portato da San Daniele del Friuli in Toscana, a Chianciano (Siena). Ci sono tanti ricordi che lo legano a quegli anni e a quei luoghi. Ai suoi racconti si sommano quelli dell'amico Antonio, anche lui ospite nello stesso collegio oggi trasformato in albergo. Antonio è nato e cresciuto in Tunisia da genitori italiani di origine siciliana. Nel 1940 partì da Tunisi insieme a molti altri ragazzi per un viaggio-vacanza. Ma nel frattempo scoppiò la guerra e non fu più possibile riattraversare il Mediterraneo. Il soggiorno in Italia si trasformò in una permanenza forzata di cinque anni nei collegi della GILE, dove la vita era di tipo militare, con una disciplina rigida, fatta anche di punizioni corporali. Finito quel periodo, quei ragazzi si dispersero per l'Italia e all'estero, eventualmente tornando nei paesi di provenienza. Ma nella loro memoria la fotografia di quel periodo non sembra affatto sbiadita ed è forte il desiderio di ritrovarsi ancora tutti insieme. Oggi Andrea Contardo si chiede: "Che fine hanno fatto Tomè e Simonetti? E Plamenaz, che veniva dal Montenegro? Sarei veramente felice di ritrovarli, perché abbiamo vissuto uno dei periodi più interessanti della nostra vita e, comunque, della formazione della nostra natura".
Grazie all'appello lanciato nel corso della puntata del 25 novembre 2002 Andrea Contardo ha ritrovato altre quaranta persone circa. Contardo ha però precisato: "Continuiamo a lanciare questo appello perché dei 5000 che eravamo ne mancano ancora tanti". Il 31 maggio scorso in un albergo di Chianciano si sono dati appuntamento gli ex ragazzi della GILE. Sono arrivati da ogni parte d'Italia e d'Europa e qualcuno anche da più lontano, dal Nord America, dall'Africa. Sono tutti nati tra il 1930 e il 1935. Il signor Andrea Contardo è stato tra i promotori di questo incontro. Nelle riunioni che gli ex ragazzi della GILE organizzano annualmente, spinti da un forte desiderio di rivedersi, mancano però molti di loro che per vari motivi non sono mai riusciti a ritrovarsi.
Nel suo precedente appello Andrea Contardo voleva rintracciare alcuni suoi compagni, quelli dei quali non aveva più avuto nessuna notizia. Tra questi in particolare ce n'era uno, Edoardo Rugo che proveniva dalla Siberia. Contardo ha raccontato: "E' successo il miracolo. Rugo è emerso dal nulla. Abbiamo saputo che vive a Irkutsk nella Siberia orientale, dove è nato ed è in pensione. Da Mosca per arrivare a Irkutsk con la transiberiana ci vogliono quattro giorni. Spero che potremo permetterci di fare una colletta, chiamiamola come vogliamo, in modo da poterlo avere il prossimo anno da noi. Da quello che ho capito lui vive con una pensione di ottocento rubli al mese che pare siano nemmeno 40 euro". "Chi l'ha visto?" ha contattato Edoardo Rugo che ha raccontato al telefono la sua esperienza di vita: "Mio nonno era friulano e alla fine del secolo è andato a lavorare alla transiberiana in Siberia quando ancora c'era lo Zar, prima della rivoluzione. Io sono nato qui. Ho un po' di sangue italiano, un po' sangue polacco e anche russo. Nel 1937 ci hanno mandati tutti in Italia. Chi ha avuto fortuna come noi è stato mandato in Italia. Così mi hanno messo in collegio. Ho cominciato a Frascati e poi sono andato a Montalcino, a Chianciano (Siena). Nel '48 ci hanno mandato a casa. Mia madre si trovava a Roma e l'ho raggiunta. Eravamo senza casa, senza niente. I miei erano tutti comunisti. Poi mia nonna ha cominciato a fare le pratiche perché io ritornassi qui. Quando è morto Stalin allora mi hanno dato il passaporto sovietico. Il 2 febbraio 1955 sono partito da Roma. Maledico il giorno che sono partito. Io mi sento italiano, non riesco ad abituarmi a questo. Lì ho imparato a fare l'elettrosaldatore. Come facevo a tornare, qui a quei tempi non potevi nemmeno dire qualcosa, bisognava lavorare e stare zitti. Mi sono sposato, ho avuto due figli. Poi mi sono divorziato. Adesso ho una cameretta e vivo qui da solo e aspetto di morire, come si dice. Non ho nessuna soddisfazione, sono sempre giù. Adesso c'è democrazia, adesso c'è libertà, quando ormai la vita è passata".