Data pubblicazione:22/02/2010
Valerio Verbano nasce a Roma il 25 febbraio del 1961. Inizia la sua militanza nel “Collettivo autonomo Valmelaina” quando frequenta il liceo scientifico “Archimede”. Ama la musica (in particolare Beatles e Pink Floyd), tifa per la Roma, pratica il judo e il karate e non si separa mai dalla sua macchina fotografica. Seguendo Inizia a indagare sul mondo dell'estremismo di destra romano, fino a creare un vero e proprio archivio, un dossier, con nomi, abitudini, luoghi di riunione, amicizie politiche e presuti legami con apparati statali. E tante foto.
Alle 12:44 del 22 febbraio 1980 tre giovani sui vent'anni suonano a casa Verbano. Carla e Sardo, i gentiori, sono da poco rientrati: "Siamo tre amici di Valerio". Quando Carla apre la porta si trova davanti un giovane alto, biondo, i capelli lunghi ricci, che subito indossa un passamontagna. Gli altri due hanno già il volto coperto. Sono tutti armati. Sardo cerca di reagire, ma viene atterrato, legato e imbavagliato, come Carla. Marito e moglie vengono sistemati a faccia in giù sul letto matrimoniale, mentre uno dei tre li tiene sotto tiro. Gli altri due si mettono a frugare nella camera di Valerio. Alle 13:40 Valerio Verbano apre la porta di casa e subito inizia una lotta furibonda. Riesce a togliere il passamontagna ai due che lo aggrediscono nell'ingresso e ne disarma uno. Poi tenta la fuga verso la finestra del salotto. Ma gli sparano due colpi di pistola: il secondo lo raggiunge alla schiena, provocando l'emorragia che gli sarà rapidamente fatale.
Il 20 aprile del 1979 Valerio Verbano era stato arrestato mentre, insieme a quattro amici minorenni, preparava inneschi per bottiglie incendiarie in un casolare della borgata Fidene. Durante la conseguente perquisizione domiciliare la Polizia trovò in camera il dossier, che venne sequestrato e mai restituito. Nel verbale, però, non si menzionavano negativi fotografici. Quando il 26 febbraio 1980, quattro giorni dopo l’omicidio, i legali della famiglia ne chiesero la restituzione, il dossier sembrava essere sparito nel nulla. Riapparve dopo qualche giorno, ma solo in fotocopia e notevolmente ridotto. Il materiale venne esaminato anche dal magistrato Mario Amato, ucciso il 23 giugno 1980, che indagava sui presunti legami tra dell’estremismo di destra con i servizi segreti e le organizzazioni criminali.
L’inchiesta sull’omicidio di Valerio è stata chiusa nel 1989 per mancanza di indizi, con la distruzione dei due passamontagna e del guinzaglio che i tre assassini avevano perso durante la fuga, oltre che dello nastro adesivo da pacchi usato per immobilizzare i genitori. La pistola persa da uno dei tre, il proiettile e il bossolo ritrovati in casa sono conservati all'Ufficio Corpi di Reato. Nel 2005, su disposizione dal magistrato Diana De Martino, sono stati confrontati con le armi ritrovate in una cantina di via Nomentana. Senza il dossier e con molti reperti distrutti, anche questa nuova indagine è stata chiusa dopo due anni, senza risultati.
Da quel 22 febbraio 1980 il padre di Verbano si è dedicato alla ricerca della verità fino all’ultimo giorno della sua vita. La moglie Carla a 86 anni ha scritto un libro, con Alessandro Capponi del "Corriere della Sera", in cui si raccontano i retroscena e i misteri del delitto. A trent’anni dall’omicidio, durante la trasmissione del 22 febbraio 2010, Carla Verbano ha rivolto una appello direttamente agli assassini: "Mi sono decisa a rivolgermi a 'Chi l'ha visto?' per sapere per quale motivo è stato ucciso mio figlio e chi sono i mandanti. Dopo 30 anni si levassero quel peso che hanno sulla coscienza, forse hanno famiglia, bambini anche loro. Vorrei che venissero qui, vorrei che suonassero alla mia porta e mi dicessero per quali motivi hanno ucciso Valerio. Io li aspetto”. La signora ha invitato a mettersi in contatto anche chi ricorda uno dei volti ricostruiti negli identikit di due dei killer.
Per 31 anni è stato considerato un delitto irrisolto; ora, proprio nel giorno dell'anniversario, forse, la svolta e la possibilità che si possa rendere giustizia a Valerio Verbano, ucciso nella sua abitazione romana, nel quartiere di Montesacro. Due uomini, entrambi cinquantenni, con un passato da simpatizzanti vicini a esponenti di "Terza Posizione" e dei "Nar", sono indagati dalla procura di Roma per omicidio volontario. Entrambi, uno residente all'estero, l'altro un professionista affermato in Italia, sarebbero stati identificati dopo una rilettura del vecchio fascicolo processuale e, successivamente, anche riconosciuti, tramite ricognizione delle foto segnaletiche dell'epoca, da alcuni testimoni. L'omicidio, secondo quanto accertato dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti e dal sostituto Erminio Amelio, sarebbe maturato nell' ambito delle vendette tra estremisti politici. Forse, chi ha ucciso Verbano voleva accreditarsi con i leader delle organizzazioni armate di ispirazione fascista. "La notizia che ci sono finalmente due nomi collegati all'omicidio di mio figlio è un sollievo - ha commentato Carla Zappelli, madre di Valerio - se dopo 31 anni si riuscisse a scoprire qualcosa sarebbe meraviglioso. E' quello che aspetto. E acquista un valore ancora più grande perché avviene in questa giornata, nel 31esimo anniversario della morte di mio figlio".
Primi accertamenti dopo le due iscrizioni nel registro degli indagati per l'uccisione di Valerio Verbano. Il pm Erminio Amelio ha infatti iniziato ad ascoltare persone che all'epoca dei fatti frequentavano aree di estrema destra e sinistra, in conflitto in quegli anni. In particolare il magistrato ha sentito un'amica di Verbano, un ex esponente della destra e una della sinistra degli anni Ottanta. Ricostruire le frequentazioni e le lotte in cui è maturato il delitto al centro delle audizioni, che seguono quella di Carla, madre di Valerio, avvenuta due giorni fa. Gli interrogatori proseguiranno anche nei prossimi giorni. Non si esclude che possano essere sentiti anche Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, i due esponenti dei "Nar "già condannati per la strage alla stazione di Bologna del due agosto 1980. Sarà affidato a esperti del Ris dei Carabinieri l'esame di quello che resta dei reperti del caso, alcuni infatti sono andati distrutti. Sono stati invece recuperati un bottone, degli occhiali da sole, una pistola, dei bossoli e un silenziatore che ora passeranno sotto la lente di ingrandimento dei militari alla ricerca di tracce di Dna e biologiche. Si sono salvati dalla distruzione in quanto finiti in una erronea ubicazione nell'ufficio Corpi di Reato, come anche la pistola, che era stata inviata a Palermo per svolgere delle comparazioni nell'ambito degli accertamenti sull'uccisione del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, avvenuta il 6 gennaio 1980.
"Questa mattina mi hanno comunicato che il Dna sugli occhiali è stato isolato, ora attendiamo che facciano la comparazione. Sono proprio felice, sono 31 anni che aspetto e veramente non ne posso più. Così almeno uno lo troveranno, poi si aprirà la strada per trovare gli altri due''. Lo ha detto all'Adnkronos Carla Zappelli, la madre di Valerio Verbano. I Carabinieri del Ris di Roma hanno isolato il Dna presente sugli occhiali lasciati in casa Verbano da uno dei killer. Il profilo genetico ottenuto sarà messo a confronto con quello delle persone sospettate.
Quando l'inchiesta venne chiusa nel 1989 per mancanza di indizi il giudice istruttore ordinò la distruzione degli oggetti abbandonati dal commando in fuga e recuperati dalla polizia in casa Verbano subito dopo il delitto. "Chi l'ha visto?" ha mostrato il documento con il quale venne ordinata la distruzione del passamontagna, del berretto, del guinzaglio e del nastro adesivo. La pistola finì dimenticata negli archivi della Procura di Palermo dove era servita per un'altra indagine. Gli occhiali da sole e il bottone lasciati sulla scena del delitto erano stati trovati da Carla Verbano già due settimane dopo l'omicidio. Gli occhiali erano sulla libreria dell'ingresso, mentre il bottone sotto il divano. Come si legge nel verbale dell'11 marzo 1980, anch'esso mostrato in trasmissione, li aveva consegnati alla polizia sperando potessero essere utili, ma finirono in una scatola diversa e furono dimenticati, scampando alla distruzione ordinata nel 1989. La madre di Valerio Verbano ha ricordato che uno dei tre killer, quello che la immobilizzò appena aprì la porta di casa e del quale la polizia non riuscì a ricostruire l'identikit, somigliava molto a un amico del figlio, "un compagno", in particolare per i capelli bondi e ricci e per la statura. Aveva le unghie della mano bluastre, come se avesse problemi circolatori. La signora Carla ha rivolto un nuovo appello agli assassini, esortandoli a costituirsi perché, grazie alle analisi genetiche del Ris dei Carabinieri, il cerchio delle indagini sta per chiudersi. Un appello è stato rivolto anche alle persone che all'epoca frequentavano a Roma il bar "degli studenti", il bar "Urbano" e un bar, ora chiuso, che si trovava in via Arturo Graf. Frequentando questi locali pubblici potrebbero aver appreso, visto o sentito informazioni utili alle indagini.
Una camera ardente alla palestra Popolare e poi un ricordo collettivo. Così verrà ricordata Carla Zappelli Verbano, mamma di Valerio, morta ieri sera a 88 anni. Dalle 10 alle 15 di domani alla Palestra Popolare intitolata proprio a Valerio Verbano in via delle Isole Curzolane al Tufello, sarà aperta la camera ardente. Alle 12 poi un ricordo collettivo: ognuno potrà esprimere il suo affetto per Carla, morta senza sapere chi sono gli assassini del figlio. A Carla Verbano il saluto e il ricordo commosso della redazione di “Chi l’ha visto?”.
["Vorrei sapere la verità prima di morire": guarda l'appello di Carla Verbano a "Chi l'ha visto?"]