Edizione:1998/1999
Data pubblicazione:11/05/1999
La mattina del 25 aprile'99 il corpo senza vita di Maria Monteduro, assessore ai servizi sociali e medico in servizio presso la guardia medica di Gagliano (Lecce), viene ritrovato da un contadino in una stradina isolata a due chilometri da un paese confinante, Castrignano del Capo (Lecce). E' stata uccisa con due colpi di punteruolo, o di cacciavite alla fronte, ed è stata poi nascosta sotto alcune pietre. Diverse ferite sulle braccia e sulle mani fanno pensare che la donna, prima di morire, abbia tentato di difendersi. Alle 8,30 dello stesso giorno il collega che era arrivato alla guardia medica per dare il cambio alla dottoressa Monteduro, ha trovato il portoncino d'ingresso chiuso. Un cartello indicava che la dottoressa era in visita domiciliare. Appena entrato ha risposto al telefono che squillava: era il marito della collega, preoccupato perché da alcune ore non riusciva a mettersi in contatto con lei. Ultima visita, registrata alle 3,35 e durata circa mezz'ora, quella ad un tossicodipendente presentatosi con un labbro ferito e in evidente stato di agitazione: Nicola Scarascia. Dalle ricerche dei Carabinieri in tutta la regione non risulta un tossicodipendente con questo nome. Il giorno dopo l'omicidio, un uomo che vive in una casa un po' isolata di Castrignano, trova la Renault 19 grigia della donna uccisa. I Carabinieri del Centro Investigazioni Scientifiche trovano le targhe nel portabagagli e, dopo minuziosi controlli, rilevano tracce di sangue un po' ovunque nell'auto, il cui interno sarebbe stato lavato. Del sangue è stato anche trovato sul muretto vicino al luogo del ritrovamento del cadavere, ma non ci sono ancora elementi sufficienti per stabilire dove sia avvenuto esattamente il delitto. Il 28 aprile all'abitazione dei suoceri della Monteduro arriva una busta spedita da Lecce. Contiene la patente del marito che era nella Renault 19. Chi ha spedito il documento? Qualcuno che lo ha trovato casualmente o l'assassino? Tutti quelli che hanno conosciuto la dottoressa di Gagliano non riescono a trovare nessuna ragione che possa spiegare il delitto, dal momento che nella sua vita nulla avrebbe mai potuto far pensare ad una fine così tragica.
Il 28 settembre Giovanni Pucci, trentenne tossicodipendente, ha confessato tutto ai magistrati nel carcere di Lecce. Imbottito di cocaina ed eroina si era presentato alla guardia medica per farsi medicare dopo essere stato picchiato dagli spacciatori. Prima di quella notte non aveva mai visto la dottoressa. Quando le aveva chiesto di accompagnarlo a casa Maria Monteduro, con uno slancio di generosità, aveva acconsentito. Durante il tragitto in auto aveva parlato a Pucci, consigliandogli di andare in una comunità di recupero. Queste parole, in particolare la frase 'pensa almeno a tua madre e a tuo padre', avevano fatto infuriare il tossicodipendente, al punto che aveva colpito con pugni e schiaffi la dottoressa, fino ad ucciderla quando lei aveva tentato inutilmente di farlo scendere dall'auto. La soluzione del caso si deve al lavoro degli investigatori e all'intervento del Ministero della Giustizia e dell'Interpol. L'impronta del codice genetico dell'assassino era già stata ottenuta un mese e mezzo dopo il delitto, grazie all'esame delle tracce di sangue rinvenute nell'auto della vittima e sul batuffolo di cotone usato dalla dottoressa per l'ultima medicazione. Ma l'omicida non aveva ancora un nome. A dare una svolta alle indagini è stato il ritrovamento di un motorino rubato vicino al luogo del ritrovamento della Renault 19, che ha consentito ai Carabinieri di risalire a Giovanni Pucci, trasferitosi ad Alma Ata (Kazakistan) dopo il delitto. In casa sua è stata trovata una busta affrancata ma non spedita. Le analisi del CIS di Roma hanno stabilito che il DNA della saliva rilevata sul francobollo corrispondeva a quello rilevato nell'auto e sul cotone.