Edizione:2002/2003
Data pubblicazione:28/04/2003
Giuseppe Sechi è scomparso da Ossi (Sassari) il 22 marzo del 1994. Quel giorno ha trascorso l'intera giornata a Sorso (Sassari) a casa dei genitori della fidanzata, aiutando il padre di lei in alcuni lavori di ristrutturazione. La sera si sarebbe comportato in modo inconsueto. Dopo aver ricevuto una telefonata ha manifestato una gran fretta di andarsene, portando via lo spazzolino da denti che abitualmente lasciava lì. Poi, come mai aveva fatto prima di allora, ha chiesto alla fidanzata di accompagnarlo alla stazione di Sorso, dove avrebbe dovuto prendere il solito treno per Sassari. Da lì avrebbe dovuto proseguire in autobus fino a Ossi, il suo paese. Ma un autista della linea che faceva servizio dalla stazione, che lo conosceva di vista, ha dichiarato di non averlo visto quella sera.
Alcuni mesi dopo i genitori del giovane sono stati contattati dai Carabinieri di Nuoro per sottoporsi ad un prelievo di sangue necessario per un esame del DNA. Qualche mese dopo il confronto del loro codice genetico ha confermato che il lembo di orecchio inviato il 23 marzo del 1994 alla famiglia del farmacista Paolo Ruju, rapito il 22 ottobre del 1993, apparteneva a Giuseppe Sechi.
Il Col. Salvatore Favarolo, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Nuoro, ha parlato delle indagini sul caso: "E' stato accertato, direi in maniera inequivocabile, che il Sechi non ha mai preso il treno da Sorso per andare a Sassari. Lui si incontrò con due personaggi, di cui uno sicuramente di Sorso, con i quali andò a Porto Torres e a Sassari. Questo è stato accertato. Si spostarono certamente con dei mezzi ordinari, cioè con le macchine. Perché è stato preso l'orecchio di Giuseppe Sechi? Posso solo dire che il Sechi frequentava un locale di Sassari. Questo locale, lo 'Skipper', era frequentato anche da persone del nuorese che hanno avuto un ruolo nel sequestro di Ruju. Posso dire che personaggi di Fonni di Oliena di Orgosolo frequentavano questo locale. Si intrecciano anche legami tra i sequestri di persona e traffico di stupefacenti. Questo è un aspetto molto delicato delle indagini per cui non è opportuno approfondire e andare oltre".
I genitori di Giuseppe Sechi hanno rinnovato l'appello a chiunque possa aiutarli, dopo tanti anni, anche solo a dare una sepoltura al loro figlio.
Gli interrogativi sulla scomparsa di Giuseppe Sechi sono tutt'altro che risolti. Dalle indagini è emerso che alcuni episodi, che precedentemente erano sembrati insignificanti, oggi forse non sono più da considerare tali. Francesco Sechi, il padre del ragazzo scomparso, ha raccontato: "Il 12 maggio del 1994 è arrivata di sera una telefonata in cui dicevano: "Se vuoi rivedere i resti di tuo figlio scendi giù a Scala di Giocca" che c'è un furgone che sta bruciando. Siamo partiti io e mia moglie e siamo scesi giù. Non c'era niente, era tutto in cenere". Riguardo a questo strano episodio il colonnello Salvatore Favarolo ha spiegato: "La notte del 12 maggio 1994 fu trovato un furgone Ducato di colore bianco che bruciava, rubato nei pressi della strada Sassari-Sorso ad un'impresa edile. Il furgone, che originariamente era targato Genova, al momento del rinvenimento risultava avere sovrapposta la sigla di Sassari. Per noi è importante questa telefonata perché all'epoca, il 12 maggio, non si sapeva ancora che l'orecchio fatto recapitare ai familiari di Ruju fosse di Sechi. Questo si saprà più tardi nel mese di novembre. Evidentemente chi ha fatto la telefonata alla famiglia del Sechi era a conoscenza che al giovane fosse accaduto qualcosa di grave".
Il colonnello Favarolo, in merito alle più recenti indagini, ha anche riferito: "Recentemente abbiamo acquisito un elemento che riteniamo importante perché Sechi, arrivato a casa della fidanzata, ricevette una telefonata. Anzi fu informato di essere stato chiamato per telefono da una persona. Sappiamo anche chi è, ma non è opportuno indicarla. Lui si appartò per richiamare questa persona. Poi ha detto alla fidanzata che doveva andar via. E quindi ha preso lo spazzolino e altri oggetti e si è fatto accompagnare dalla fidanzata alla stazione". Inoltre i Carabinieri hanno accertato che, contrariamente a quanto si era ritenuto in un primo momento, il 22 marzo 1994 Giuseppe Sechi non avrebbe lasciato Sorso con il suo solito treno per Sassari, ma sarebbe salito in macchina con due persone. "Su queste due persone - ha aggiunto il colonnello - quello che posso dire è che una, sicuramente di Sorso, noi sappiamo chi è. Su questo perché sono in corso specifiche indagini. Sull'altra persona abbiamo qualche indicazione e stiamo cercando di approfondire tutti gli elementi in nostro possesso per individuarla in maniera inequivocabile". A proposito dell'identità di queste persone è necessario tenere anche presente che Giuseppe Sechi non sarebbe mai salito in macchina con degli sconosciuti, per cui ipotizzabile che si sia trattato di qualcuno che conosceva molto bene. E' con queste due persone che Sechi sarebbe andato a Porto Torres e a Sassari. Ma per quale motivo? Perché non è tornato subito a Ossi come faceva abitualmente?
Gli elementi inspiegabili legati alla scomparsa del ragazzo non finiscono qui. Sechi possedeva una moto, una Laverda 125. Il primo dicembre 1993, mentre stava andando a Sorso dalla fidanzata Maria, è rimasto senza benzina. Pochi chilometri prima di arrivare in paese ha lasciato la moto, pensando di recuperarla successivamente, ma nel frattempo è stata rubata. Il 4 marzo 1994, cioè 18 giorni prima della sua scomparsa, la moto è stata ritrovata in uno spiazzo erboso a ridosso della ferrovia Sorso-Sassari, a poche centinai di metri dal posto in cui era stata rubata tre mesi prima. Sempre quel giorno, si è verificato un altro episodio strano: in una piazzola vicina al ritrovamento della moto alcune persone hanno notato un furgone Fiat Ducato bianco targato Nuoro e hanno parlato con il suo conducente. Quest'ultimo, con un forte accento barbaricino, avrebbe asserito di essersi dovuto fermare lì perché non aveva più acqua nel radiatore. Per aiutarlo qualcuno gli avrebbe portato una tanica d'acqua, ma più tardi la stessa persona, ripassando di lì, ha scoperto che la tanica d'acqua non era stata utilizzata e il furgone non c'era più. Il colonnello Favarolo ha spiegato che non è da escludere l'ipotesi che l'uomo del furgone avesse detto di essere in panne per giustificare la sua presenza sul posto. Forse il furgone era arrivato fin lì per trasportare proprio la moto del Sechi.
Lo stesso conducente del furgone sarebbe poi stato riconosciuto, sempre a Sorso. Il colonnello ha precisato: "Era in una località ben precisa, nei pressi di un frantoio, che parlava con persone che noi conosciamo e che gravitano intorno a questo frantoio. Sarebbe stato riconosciuto come il soggetto che era a bordo del Ducato il giorno del ritrovamento della moto di Sechi". Il 5 marzo 1994 la moto è stata ufficialmente riconsegnata a Giuseppe Sechi che dopo aver firmato il verbale ha deciso di lasciarla dove era stata ritrovata. La moto era infatti completamente inutilizzabile: il motore era distrutto, come se fosse stato preso a martellate.
Rosalba, la madre di Sechi, ha ricordato: "Noi abbiamo saputo che la moto era stata ritrovata dopo che Giuseppe era sparito, dopo un paio di mesi". Secondo il padre del ragazzo scomparso il furto della moto non sarebbe stato un caso: qualcuno l'avrebbe rubata per impedirgli di viaggiare autonomamente e costringerlo a muoversi con altri mezzi.
Durante questi anni gli inquirenti hanno concluso che esiste un collegamento ben preciso tra la scomparsa di Giuseppe Sechi e il rapimento di Paolo Ruju, ma non solo. A Sassari, infatti c'era un locale, ora chiuso, che si chiamava "Skipper", del quale sembra che Giuseppe Sechi fosse un assiduo frequentatore. Inoltre Sechi sarebbe stato visto spesso anche in un altro locale di Porto Torres, il "Cordobes", anche questo chiuso. Questi due locali erano frequentati abitualmente proprio da persone che facevano parte della banda dei sequestratori di Paolo Ruju. Pur trattandosi di gente di Nuoro, Orune, Fonni e Oliena, la loro presenza nel sassarese era fortissima. Tra l'altro, una delle telefonate, arrivata alla famiglia Ruju per sollecitare il pagamento del riscatto, è stata effettuata il 9 marzo 1994 da una cabina telefonica di via Rockfeller a Sassari da una persona con forte accento barbaricino.
Il sequestro del farmacista di Orune, mai tornato a casa, è a sua volta collegato a quello di Antonio Vincenzo Marras, figlio di un possidente di Ozieri, rapito il 23 maggio 1994. I malviventi lo portarono immediatamente in una grotta sul monte Corrasi, poco lontano da Nuoro. Due giorni dopo però, avventurosamente e con molta fortuna, Marras riuscì a liberarsi dalle catene che lo tenevano prigioniero. Marras sfuggì alla sorveglianza dei suoi sequestratori e raggiunse il sottostante paese di Oliena, ma fu anche in grado di guidare gli inquirenti fino alla grotta nella quale era stato tenuto prigioniero. Nella stessa grotta era stato tenuto prigioniero qualche mese prima anche Paolo Ruju, del cui sangue è stata trovata intrisa una garza. Questa grotta si è rivelata una miniera di informazioni fondamentali per l'individuazione di legami con altri sequestri di persona avvenuti in Sardegna. Esiste un sottile filo che unisce più sequestri avvenuti in tempi e luoghi diversi. Punti di partenza quasi sempre Nuoro e la Barbagia. La città è infatti al centro di una zona che comprende paesi come Orgosolo, Oliena, Fonni, Mamoiada, Orune, Bitti. E' principalmente da questi posti che proviene la maggior parte delle persone implicate nei sequestri avvenuti nell'isola negli ultimi anni. Fonni, per esempio, è sicuramente il paese di origine di colui che ha telefonato da Sassari ai familiari di Paolo Ruju il 9 marzo 1994 per sollecitare il pagamento del riscatto del farmacista.
Lo "Skipper", il locale di Sassari abitualmente frequentato da persone implicate nel sequestro di Paolo Ruju è collegato anche ad un altro sequestro. Infatti nelle sue vicinanze il 4 febbraio del 1994 venne rubata un'Alfa 75 rossa di proprietà di uno studente che frequentava abitualmente lo "Skipper". L'auto fu utilizzata l'8 febbraio successivo per sequestrare il notaio Lucio Mazzarella a San Teodoro, una località balneare poco distante da Olbia. Questo sequestro si risolse rapidamente, in un paio di ore. I malviventi, avvistato un posto di blocco dei Carabinieri prima di Nuoro, abbandonarono macchina e ostaggio, riuscendo a dileguarsi nelle campagne. Oltre allo "Skipper" di Sassari è importante anche il "Cordobes" di Porto Torres, abitualmente frequentato da personaggi di primissimo piano legati ai sequestri di persona. Il Cordobes aveva anche una sorta di dependance a Marina di Sorso, a pochi chilometri da Porto Torres. Lì c'era il residence dove sono stati notati molti latitanti di spicco e personaggi legati ai sequestri di persona, come Mario Domenico Giau, considerato un vero e proprio killer al servizio delle bande sarde. Giau, che ha trascorso la sua latitanza tra Marina di Sorso e il centro di Sassari, è stato poi assassinato nel giardino di una villa a San Teodoro nel novembre del 1993. Nella quiete di Marina di Sorso si svolgevano veri e propri summit malavitosi, sui sequestri in corso e su quelli da organizzare. Più di una volta a questi vertici malavitosi ha partecipato anche Mario Moro, tra i principali organizzatori del sequestro Soffiantini, morto per le ferite riportate nel conflitto a fuoco con la Polizia sull'autostrada Roma-L'Aquila, nell'ottobre 1998, dopo aver partecipato all'uccisione dell'ispettore dei Nocs Samuele Donatoni. Molti altri personaggi il cui elenco sarebbe lunghissimo, che gravitavano attorno allo Skipper di Sassari e al "Cordobes" di Porto Torres, sono stati indagati arrestati e processati anche per altri rapimenti, tra i quali quelli di Miria Purlanetto, Michelangelo Mundula, di Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi.
Dopo quattro anni dalla morte di un detenuto nel carcere di Sassari, Marco Erittu, di 40 anni, trovato privo di vita nella sua cella, la Direzione distrettuale antimafia ha ipotizzato che non si sia tolto la vita ma sia stato ucciso. Da qui la riapertura delle indagini e fra le storie emerse spuntano tre sequestri di persona mai chiariti ed il timore manifestato dall'uomo, in carcere per droga, di essere eliminato perché sapeva troppo su alcune persone scomparse. L'inchiesta è coperta dal massimo riserbo - ha scritto il quotidiano La Nuova Sardegna - ma sarebbe emerso che Erittu mentre era in carcere abbia scritto una lettera alla Procura per manifestare preoccupazioni sulla propria vita essendo a conoscenza di elementi sulla scomparsa di Giuseppe Sechi. Un lembo dell'orecchio di Sechi (come accertò successivamente l'analisi del Dna) venne inviato, per sollecitare il riscatto, alla famiglia del farmacista Paolo Ruiu, di Orune, rapito il 22 ottobre 1993 e mai tornato a casa. Mentre un altro sequestrato, Vincenzo Marras, di Ozieri, venne rapito il 23 maggio 1994 ma riuscì a fuggire ai banditi: nella grotta dove era stato rinchiuso vennero trovate tracce del dna del farmacista Paolo Ruiu. Storie che si intersecano e sulle quali ora la magistratura vuol fare luce anche dopo i nuovi elementi sulla morte di Erittu il cui suicidio non convince: il medico legale parlò di "impiccagione incompleta", in bocca aveva anche vari lembi di coperta tagliati a pezzi.
Resti di scheletri, forse di tre persone, sono stati trovati la settimana scorsa dal Corpo Forestale, in una grotta nel Supramonte di Orgosolo (Nuoro), vicino al Rio Flumineddu, durante un controllo del territorio. L'anfratto è diventato visibile dopo che il nubifragio, portato dal ciclone Cleopatra, ha portato via il terreno scoprendo la grotta. All’ interno diverse ossa e un teschio. La Procura di Nuoro, guidata da Andrea Garau, ha confermato il ritrovamento anticipato ieri da “L'Unione Sarda”. Uno teschio presenta un foro forse causato da proiettile. Le indagini sono state affidate al sostituto procuratore Giorgio Bocciarelli che dovrà incaricare un medico legale di datare le ossa e cercare di dargli una identità anche con analisi genetiche.