Donald Sacchetto lavora in Austria come operaio in una ditta di costruzione di metanodotti. Il 15 maggio, in concomitanza del suo compleanno, ha preso due settimane di ferie ed è tornato a casa ad Ardenno. La sera di sabato 16 l’ha trascorsa con gli amici in diversi locali della zona, intorno all’una si è fatto accompagnare nei pressi di casa e da quel momento si è reso irreperibile.
Si è concluso dopo oltre tre ore e mezzo l'interrogatorio di convalida dell'arresto operato lunedì di Simone Rossi, l'imprenditore di 28 anni di Ardenno, accusato dell'uccisione dell'amico Donald Sacchetto, operaio di 36 anni, del quale alcuni resti erano stati trovati nei giorni scorsi nella cava dell'arrestato.
Il gip Pietro Della Pona, al termine dell'interrogatorio, ha convalidato il fermo per tutte le ipotesi di reato avanzate dalla procura, compreso la detenzione a fini di spaccio di cocaina, occultamento e la distruzione del cadavere. Simone Rossi è stato riaccompagnato al carcere di Monza dalla Polizia Penitenziaria. I suoi avvocati avevano chiesto di non convalidare il fermo per l'imputazione più grave, quella di omicidio. L'imprenditore ha risposto alle domande del giudice, sostenendo che l'amico Donald si è suicidato, sparandosi alla testa.
Intanto i carabinieri che indagano sul caso hanno ritrovato un bossolo davanti all'abitazione della fidanzata di Simone Rossi. Non si conoscono ancora le cause dell’omicidio e, tra le ipotesi, non si esclude un raptus di gelosia. La donna infatti è la stessa alla quale il presunto assassino aveva telefonicamente confidato di essere intenzionato a sparire dopo la vendita delle quote societarie dell'impresa di famiglia, proprietaria della cava di Ardenno. Un'altra ipotesi di movente sarebbe legata a un giro di cocaina, forse un debito non pagato oppure ancora riconducibile al furto avvenuto nel 2004 di due autocarri intestati al fratello di Simone e per il quale non si è mai scoperto il responsabile. Il ritrovamento del bossolo fuori dall'abitazione della donna, tuttavia, sembra portare altri scenari da quelli finora pensati: l'omicidio, anche se il 28enne ha sempre parlato di 'suicidio' e di distruzione del corpo dell'amico per paura, potrebbe essere avvenuto non dove finora ipotizzato.
Il GIP del Tribunale di Sondrio ha accolto la richiesta del procuratore di custodia cautelare in carcere per Simone Rossi, accusato dell’omicidio di Donald Sacchetto.
Resti umani pari a circa la meta' del corpo di Donald Sacchetto sarebbero stati in parte recuperati nella cava di Simone Rossi, l'imprenditore di 28 anni di Ardenno (Sondrio), in carcere a Monza per l'omicidio dell'amico: a rivelarlo e' stato il procuratore capo di Sondrio Fabio Napoleone.I reperti umani, anche per stabilire l'esatta modalita' dell'omicidio, sono ora al vaglio dell'anatomopatologo Cristina Cattaneo dell'Istituto di medicina legale dell'Universita' di Milano, e altri accertamenti sono invece in corso a cura degli esperti dei carabinieri del Racis di Parma. Intanto, la Cassazione ha respinto il ricorso degli avvocati di Rossi che puntavano a far tornare in liberta' il loro assistito, in carcere anche per spaccio di cocaina, occultamento di cadavere e detenzione di arma illegale di arma da fuoco. Del caso si era occupato anche 'Chi l'ha visto?'.
Ai funerali di Donald Sacchetto i famigliari vogliono che siano presenti le telecamere dei telegiornali. Non solo: "Guai se oseranno mettere quei pochi resti recuperati in una bara tradizionale" perchè vogliono che "sia delle esatte dimensioni per farci stare di misura quello che è rimasto di nostro figlio". E' un amarissimo sfogo quello di Livio Sacchetto, papa' della vittima di un giallo che forse solo al processo in Corte d'Assise a Sondrio (prima udienza il 18 giugno) potrà chiarire. L'unico imputato ha sempre ammesso di aver distrutto il corpo bruciandolo e facendolo a pezzi per poi disperderli qua e là dopo averli passati nel tritasassi della cava di famiglia, ma ha sempre sostenuto di non averlo ucciso e che Donald si suicido'. Il rito funebre si svolgerà il 12 giugno. Una settimana prima che si apra il dibattimento. "E' stato ammazzato mentre festeggiava il compleanno da una belva. Non si sono incontrati per caso. Quello voleva ucciderlo. L'ha seguito, l'ha convinto a salire in macchina e l'ha ammazzato. Ci sono i testimoni che l'hanno visto mentre pedinava mio figlio e andava in giro mostrando quella pistola vantandosene di averla illegalmente". Del corpo furono trovate alcune ossa ma non, ad esempio, il cranio nonostante per parecchi giorni la cava sia stava scavata ovunque anche nei punti indicati dallo stesso Simone. "Della testa di mio fratello hanno trovato solo un piccolo frammento" dice in lacrime la sorella Luana mentre con le dita indica un paio di centimetri. La ragazza punta il dito anche contro la famiglia di Simone rea, a suo avviso, "di aver cresciuto un figlio nell'arroganza e nella convinzione che con i soldi si puo' fare tutto, anche ammazzare"
Non ci sono dubbi che quello di Donald Sacchetto fu un omicidio e non un suicidio, come sostengono invece gli avvocati Francesca La Salvia di Sondrio e Pier Maria Corso di Milano, difensori dell'imprenditore 29enne Simone Rossi di Ardenno (Sondrio), accusato di omicidio volontario, distruzione e occultamento di cadavere, spaccio di cocaina e possesso di arma da fuoco. "Donald Sacchetto non può essersi suicidato - ha affermato al processo in Corte d'Assise a Sondrio, Cristina Cattaneo che è antropologa forense - E' stato ucciso con un colpo di arma da fuoco sulla parte alta della testa, al vertice del cranio". ''Ho analizzato numerosi reperti provenienti dalla cava di Ardenno - ha aggiunto la dottoressa Cattaneo, docente di Medicina legale all'Università di Milano e intervenuta in udienza come consulente della Procura - Di questi 48 erano frammenti ossei umani di epoca recente, risultati appartenenti a Donald avendo effettuato l'analisi del Dna. Un frammento di calotta cranica è risultato molto deteriorato dalle fiamme''. L'esperta ha poi sottolineato che, dalle analisi di laboratorio, è emerso che la frammentazione di numerosi resti rinvenuti nella ''cava dell'orrore'' sia stata dovuta al passaggio sulle ossa dei mezzi meccanici durante gli scavi alla ricerca del corpo della vittima.
Trent'anni di reclusione e il pagamento di una multa di 6.750 euro: questa è la condanna chiesta in serata per Simone Rossi, l'imprenditore di 26 anni di Ardenno (Sondrio) dal pm Latorre, al termine della lunga requisitoria, durata nove ore. Il giovane è a processo davanti alla Corte d'Assise di Sondrio per l'omicidio di Donald Sacchetto, 36 anni, commesso nella notte tra il 16 e il 17 maggio 2009, e anche per distruzione e occultamento di cadavere, detenzione e porto d'arma da sparo e spaccio di cocaina. Frammenti di cadavere vennero rinvenuti nella cava dell'imprenditore del settore marmi. Al termine dell'udienza, il pm ha sollecitato la trasmissione degli atti alla Procura per procedere nei confronti di Rossi, in ordine ad altri reati commessi in danno dell'ex fidanzata, Loredana Boiani, come lesioni gravissime e sequestro di persona, e per falsa testimonianza a carico di Lucrezia Nunez, una ballerina di night. Il processo è stato aggiornato dal presidente della Corte, Francesco Saverio Cerracchio, a lunedì prossimo quando ci saranno le arringhe degli avvocati Pier Maria Corso di Milano e Francesca La Salvia di Sondrio, difensori di Simone Rossi.
Simone Rossi, imprenditore di 29 anni di Ardenno (Sondrio) è stato condannato oggi a 30 anni direclusione per l'omicidio di Donald Sacchetto. La sentenza della Corte d'Assise di Sondrio, presieduta da Francesco Saverio Cerracchio e arrivata dopo 9 ore di camera di consiglio. I giudici hanno accolto in pieno le richieste del Procuratore della Repubblica Fabio Napoleone e del pm Stefano Latorre titolari delle indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Sondrio coordinato dal luogotenente Raffaele Grega. Simone Rossi è stato ritenuto colpevole anche di distruzione e occultamento di cadavere, spaccio di cocaina e detenzione illegale di arma da fuoco e porto abusivo della stessa in luogo pubblico, ed è stato inoltre condannato a versare una provvisionale immediatamente esecutiva di 800 mila euro a favore dei 4 familiari della vittima. La pena complessiva per tutti i capi d'imputazione è stata di 32 anni, poi ridefinita a un massimo complessivo a 30. I giudici hanno poi respinto la richiesta di revoca della carcerazione, presentata nel corso di un'udienza dagli avvocati Pier Maria Corso e Francesca La Salvia, difensori dell' imprenditore detenuto nel carcere di Monza da oltre un anno e presente in aula alla lettura della sentenza. Hanno invece disposto di trasmettere gli atti alla Procura per procedere nei confronti di Rossi per altri reati, in particolare sequestro di persona, violazione di domicilio, lesioni aggravate, violenza privata ai danni dell'ex fidanzata dell'imprenditore. La Corte ha inoltre deciso la trasmissione degli atti anche per l'ipotesi di falsa testimonianza e calunnia (in un caso) a carico di cinque dei 120 testimoni ascoltati durante le numerose udienze del processo iniziato lo scorso 18 giugno. Il pm Stefano Latorre - responsabile dell'ordine pubblico in aula - oggi aveva chiesto un rafforzamento del dispositivo di sicurezza, temendo un clima teso. Infatti, all'uscita del Palazzo di giustizia i carabinieri e i poliziotti in servizio hanno dovuto intervenire per sedare un principio di rissa fra i familiari di Sacchetto e alcuni stretti parenti dell'imputato. Soddisfatta della sentenza la parte civile, sostenuta dagli avvocati Stefano Sorrentino e Paola Verga.
Sono state depositate in Cancelleria a Sondrio dal presidente della Corte d'Assise, Francesco Saverio Cerracchio, le motivazioni della sentenza a 30 anni di reclusione per omicidio di Donald Sacchetto (ammazzato con due colpi di pistola la notte del 17 maggio 2009) pronunciata lo scorso 7 dicembre a carico dell'imprenditore dei marmi Simone Rossi, 29 anni, di Ardenno (Sondrio). In 110 pagine sono stati messi sotto la lente 17 punti dell'indagine, fra cui le perizie, le intercettazioni, le investigazioni scientifiche, l'esame dell'imputato e la sua inattendibilità nel sostenere che Donald si fosse suicidato e lui si fosse limitato a occultarne il cadavere all'interno della cava della sua impresa. ''L'imputato Simone Rossi - spiega il giudice estensore Renato Buzi - distrusse il cadavere e fuse l'arma del delitto e così ha smentito da sé la tesi del suicidio, anche perché Donald, in realtà, non aveva alcun motivo per togliersi la vita". Inoltre, sottolineano i giudici, la frattura rilevata all'osso parietale alto del cranio della vittima, è assai poco compatibile con l'ipotesi suicidiaria: in quel modo è impossibile spararsi. "Rossi quella sera era armato, alterato, ha visto per ultimo Donald e in più occasioni ha cercato di depistare le indagini", scrive ancora il giudice Buzi nelle motivazioni affermando, infine, che "c'é certezza processuale'' nella dura condanna dell'imputato, dal giorno dell'arresto operato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Sondrio recluso nel carcere di Monza.
Confermata in appello la condanna a 30 anni di reclusione per Simone Rossi, il 29enne di Ardenno (Sondrio) accusato di aver ucciso Donald Sacchetto e di aver fatto a pezzi il corpo. Sacchetto, operaio, era scomparso il 16 maggio 2009, la sera del suo 36esimo compleanno. Il suo corpo fatto a pezzi è stato ritrovato due mesi dopo nella cava dell'imputato che si trova nel piccolo centro della Bassa Valtellina. Simone Rossi è stato giudicato colpevole di omicidio, distruzione e occultamento di cadavere, detenzione e porto in luogo pubblico d'arma comune da sparo, spaccio di sostanze stupefacenti. La condanna è stata confermata dai giudici della corte d'assise d'appello, che tra 40 giorni depositerà le motivazioni della sentenza.