Data pubblicazione:26/09/2000
Giovanna Bellotto, anestesista in pensione, è scomparsa la notte tra l'8 e il 9 marzo del 1999 dall'Hotel Lake Manyara in Tanzania - un albergo a 1.200 metri di altezza collocato su un dirupo impervio - durante un safari fotografico organizzato dall'Alpitour. L'ultima volta è stata vista dalla guida turistica italiana del gruppo vicino alla reception verso le nove di sera, e la signora avrebbe dichiarato l'intenzione di andare a dormire. Verso mezzanotte e mezzo, Giovanna avrebbe bussato a diverse porte dell'hotel, che in quel momento era al buio completo perché il generatore era spento, chiedendo di suo figlio Alberto, che era rimasto in Italia. La signora, secondo le deposizioni, si comportava in modo strano, e durante il primo giorno di viaggio, il 7 marzo, avrebbe frugato in alcuni bagagli non suoi. All'interno della stanza d'albergo, dove si è riusciti a entrare solo forzando la portafinestra, sono rimasti tutti gli effetti personali di Giovanna, compresi gli occhiali da vista senza i quali non riusciva a vedere, i documenti, i soldi, due chiavi della camera e una sola pantofola. Il letto non era disfatto. La polizia locale sostiene che il giorno dopo la scomparsa alcuni testimoni avrebbero visto Giovanna Bellotto su un autobus locale. Una versione, questa, risultata decisamente improbabile.
“Chi l’ha visto?” ha rintracciato alcuni dei compagni di viaggio della donna scomparsa in Africa, ed ha ascoltato le loro testimonianze.
Il dottor Marcello Cavalcaselle, primo segretario dell'ambasciata d'Italia a Dar Es Salaam ha dichiarato: "Dal momento che abbiamo visto che la signora davvero non si trovava e la questione era veramente seria, abbiamo deciso di inviare qualcuno direttamente sul posto, cercando di premere il più possibile sulle autorità di polizia affinchè mettessero a disposizione un numero di mezzi e uomini il più possibile ampio". Alla Bushbuck sede della società corrispondente dell'Alpitour in Tanzania, il signor Mustafà Banju ha spiegato come è stato possibile rintracciare il controllore dell'autobus su cui avrebbe viaggiato la signora Bellotto: "all'una di pomeriggio del 9 marzo ho ricevuto una chiamata dal direttore del Lake Manyara che mi diceva che qualcuno gli aveva detto che avevano visto la signora che saliva sull'autobus. Allora sono andato insieme ad alcuni agenti alla stazione degli autobus. Siamo riusciti a trovare il controllore e lui ha detto che se avesse visto una fotografia della signora sicuramente avrebbe potuto riconoscerla". Per quanto riguarda lo stato confusionale della signora la sera prima della scomparsa, la famiglia pensa che fosse l'effetto collaterale di un farmaco per la profilassi antimalarica, il Lariam. Il figlio ha escluso che si fossero già manifestati disturbi psichici da parte della donna, anche per il lavoro che faceva. Se davvero quella notte la signora girava per l'albergo bussando concitatamente alle porte, cercando il figlio Alberto, certamente era in stato confusionale. Sembra che, sempre quella notte, siano state udite anche voci in swahili, la lingua locale. Qualcuno la stava inseguendo o cecava solo di calmarla e ne è nata una lite?
Una investigatrice privata, ingaggiata dal figlio della Bellotto, ha raccolto una testimonianza: "Quella notte qualcuno è andato nella stanza della donna per avere un rapporto sessuale con lei: il direttore dell'hotel, mister Muamba. Lei è fuggita giù per le scale e lì è morta. Poi il direttore e il suo assistente hanno caricato il corpo in macchina e sono andati via. Ero lì, ho visto tutto". Ma questa confessione, in quanto anonima, non ha alcun valore giuridico. Quando i Carabinieri si sono recati in Tanzania, in pieno accordo con la polizia locale, hanno effettuato un prelievo da una macchia sospetta sul pavimento sotto la balconata del primo piano, dove si trovava la camera della signora Bellotto. Ma le analisi hanno escluso la presenza di traccie di sangue. Marcello Cavalcaselle ha sottolineato che "l'ambasciatore, in un incontro con la polizia locale non esitò a formulare l'ipotesi che alla signora potesse essere successo qualcosa all'interno dell'albergo e che la soluzione fosse là. Le autorità locali garantirono che nessuna ipotesi sarebbe stata esclusa e avrebbero indagato anche in quella direzione". Ma secondo A.R. Tibaigan, della polizia di Arusha, "non esiste la benchè minima prova, niente che possa fare supporre un omicidio. Se qualcuno ha un sospetto del genere deve mostrare delle prove. I sospetti da soli non significano niente. Per quanto riguarda la testimonianza del controllore dell'autobus che fa servizio da Manyara ad Arusha che ha riconosciuto la fotografia della signora Bellotto, io credo che sia attendibile. In fondo quell'uomo non ha nulla da guadagnarci".