Edizione:1996/1997
Data pubblicazione:22/10/1997
Il cadavere ripescato nel '93 e sepolto in Corsica non è di Mariano Aprile. Il 25 settembre 1993 la barca di Aprile, la "Cini 2", interrompe ogni contatto radio mentre naviga verso la Corsica. Viene ritrovata semidistrutta a Saint Floriane il 4 ottobre e, il 19 novembre, riaffiora un corpo che le autorità corse credono essere di Aprile.
Ma nel luglio del '95, nella valigia di un amico del velista, viene scoperta per caso una lettera indirizzata a Mariano e firmata dalla moglie Nellie. Nellie scriveva al marito che gli aveva fatto deporre al cimitero di Caraglio, come voleva lui, una lapide con la scritta "Il mare che tanto amava lo volle per sempre con sé". Inoltre gli dava appuntamento, per sicurezza, al 1997. Due mesi dopo, da alcune fotografie, una giornalista di Panorama riconosce Aprile in un valdostano incontrato in Malesia che diceva di chiamarsi Paolo Candone. La procura di Cuneo apre un' inchiesta e ottiene per lo skipper un rinvio a giudizio per truffa: la moglie ha già incassato parte dei premi delle diciassette assicurazioni sulla vita sottoscritte da Mariano. Lo scorso 19 aprile, tramite il suo avvocato, il velista ha chiesto il patteggiamento della pena.
Ma se non di Aprile, di chi era allora il corpo ripescato in mare?
Il 12 gennaio il tribunale di Cuneo ha condannato in primo grado Mariano Aprile, sua moglie Nellie e Giovanni Giordanengo e Paolo Giorsetti, la coppia di soci che ha aiutato Mariano ad inscenare il naufragio. Del denaro versato dalle assicurazioni, circa 850 milioni di lire, mancano ancora 246 milioni. Attualmente sembra che Mariano Aprile viva, allevando bestiame, nelle campagne del Galles