Edizione:1997-1998
Il processo contro Elvino Gargiulo, 71 anni, e suo figlio Mario, di ventinove, che si è aperto il 19 febbraio nell'aula bunker del carcere di Rebibbia, tenterà di chiarire il mistero della sorte di Luigina Giumento e di Valentina Paladini. Rimane fuori dal processo il caso di Luca Amorese. La scomparsa del ragazzo non è direttamente collegabile a quella delle due donne, ma rimane il sospetto che proprio nella stessa baracca possa essergli successo qualcosa di grave. In casa di Gargiulo, infatti, è stato ritrovato il suo motorino. Il giovane calciatore lo aveva acquistato pochi giorni prima, ma in circostanze non chiare. I suoi amici raccontano che nelle ultime settimane Luca non andava più a scuola, frequentava persone sconosciute e, pur essendo di famiglia molto povera, vestiva costosi capi firmati e aveva sempre molti soldi in tasca. Chi gli ha venduto il motorino dice che quando Luca andò a pagare aveva banconote da centomila lire nascoste ovunque, persino nei calzini. Una lettera arrivata a casa della madre, dopo la scomparsa, diceva: "...Sono felice e vivo con qualcuno che mi vuole davvero bene... Luca Amorese". Questo "qualcuno" sarebbe un siciliano, tale Antonio, ma genitori e amici non ricordano nessuno con questo nome. Gargiulo sostiene di avere il motorino perché Luca si è presentato a casa sua, forse proprio il giorno della scomparsa, per venderglielo a trecentomila lire. Poi, sarebbe andato via a bordo di un'auto di grossa cilindrata, guidata da uno sconosciuto. La stessa storia Gargiulo l'aveva raccontata anche a proposito di Luigina e della nipote, allontanatesi, secondo la sua versione, a bordo di una grossa auto venuta a prelevarle.
Ciò che si teme, però, è che nessuno dei tre scomparsi sia mai più uscito da quel cancello. Il 22 febbraio scorso, quando la II Corte d'assise presieduta da Mario d'Andria si trasferisce al tribunale di piazzale Clodio, accade un fatto inatteso: depone Patrizia Paladini, figlia di Luigina nonché zia di Valentina, e dichiara che all'inizio del 1992 la madre era ancora viva. Le telefonò, dice, al suo vecchio numero di telefono che però, nel frattempo, la Telecom aveva assegnato ad un'altra utente. Luigina, dice Patrizia, in quelle telefonate chiedeva aiuto, diceva di essere disperata e di non riuscire a rintracciare la figlia. Se questo fosse vero crollerebbe il racconto fatto da Mario, secondo il quale l'omicidio sarebbe avvenuto nella tarda estate del 1991; ma "Chi l'ha visto?" aveva già incontrato la signora a cui corrisponde il vecchio numero di Patrizia il 20 dicembre del 1991: in quell'occasione la signora disse che quelle telefonate le aveva ricevute a fine settembre e questo, purtroppo, rientra nei tempi di cui Mario parla. Non solo, ma Patrizia ha riconosciuto alcuni indumenti femminili e monili della madre ritrovati nella casa di via Demetriade. Nel corso del processo, inoltre, è emerso che in carcere a Rebibbia Elvino avrebbe ammesso qualcosa. Il suo compagno di cella Franco Vito, condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso, racconta che l'uomo gli avrebbe confessato di avere ucciso le due donne, di averne bruciato i corpi e portato i resti ad Anzio: qui, un suo conoscente li avrebbe dispersi in mare gettandoli agli squali. Tuttavia l'avvocato Cesare Placanica, difensore di Elvino Gargiulo, definisce inattendibile la deposizione di Vito che avrebbe descritto circostanze apprese dai mezzi di stampa, e non dallo stesso Gargiulo.
Durante l'udienza ha deposto Maria Campili, amica di Luigina. La donna ha raccontato di avere frequentato Elvino anche dopo la scomparsa di nonna e nipote. In un incontro avvenuto in aprile, sostiene, Elvino le avrebbe detto che le due donne si trovavano, forse, in Sicilia, ma che non ne sapeva nulla. L'uomo le avrebbe anche offerto un milione per avere un rapporto con il figlio Mario, ma lei avrebbe rifiutato. A un tratto, parlando delle donne scomparse, Elvino avrebbe anche detto: "Per Valentina, ormai, è andata com'è andata", e si sarebbe fatto il segno della croce. Al magistrato che ha chiesto alla Campili come avesse interpretato quella frase e quel gesto, la teste ha risposto che non sarebbe stata buona educazione chiederne a Elvino una spiegazione. Hanno deposto anche i genitori di Valentina Paladini. Il padre ha detto di non essere mai stato sicuro che la piccola fosse realmente sua figlia, tanto da avere più volte chiesto alla moglie, senza ottenerlo, di sottoporla a un test del Dna. Solo quando Valentina ha avuto qualche anno in più, suo padre si sarebbe convinto a darle il proprio cognome. La madre, che nel frattempo si è risposata e ha avuto altri figli, ha detto che della figlia non ha mai saputo niente: le avrebbero fatto firmare un foglio con il quale si impegnava a rinunciare alla bambina, che venne così affidata alla nonna. Dopo sei udienze, alle ore 10 del 15 marzo, nel tribunale di piazzale Clodio a Roma ha deposto l'imputato Mario Gargiulo. Ha parlato di violenze sessuali subite dal padre quando aveva nove anni, della morte di sua madre, di un grave incidente stradale avvenuto a dodici anni, dei topi che Elvino faceva mangiare ai figli. Anche la sorella di Mario, in un'udienza a porte chiuse, aveva confessato di essere stata violentata dal padre. Nel corso dell'udienza, il pubblico ministero legge a Mario la versione di suo padre riguardo alla scomparsa di nonna e nipote: "Quella sera -racconta Elvino- Mario e Luigina stavano facendo l'amore, e Valentina li guardava. A un certo punto la bambina è corsa da me gridando che Mario aveva ucciso la nonna: io le ho dato una manata sulla spalla e lei è caduta per terra. Poi ho bevuto del whisky e mi sono addormentato. La mattina dopo -continua Elvino-, le due donne erano sparite, ma Mario mi ha confessato che era stato tutto uno scherzo per prendermi in giro".
Ma la versione che rende Mario è molto diversa: "Ho trascorso la serata con Luigina che, ubriaca, voleva fare l'amore con me, ma -continua Mario- a un certo punto mi ha chiesto un milione. Io le ho dato trecentomila lire, ma poi ci siamo addormentati tutti e due. Il mattino dopo, alle 5:30, mi sono svegliato e ho visto che Luigina non respirava più: era morta. Sono corso da mio padre ma lui, impassibile, mi ha detto di averle messo del sonnifero nel cognac la sera prima. Poi, con un coltello in mano, ha minacciato di uccidermi se avessi chiamato la Polizia". Nonostante l'accaduto Mario sarebbe poi andato a lavorare nella fungaia: tornando, come racconta, alle 10, avrebbe trovato il padre nudo e ubriaco. Valentina era scomparsa: "Ho dovuto ucciderla, mi ha detto mio padre, perché voleva chiamare i Carabineri. Allora l'ho cercata -continua Mario nella sua deposizione- e l'ho trovata in giardino sotto le piante: era nuda e con una ferita alla testa. Sono sicuro che mio padre l'abbia violentata, prima di ucciderla: avrei voluto seppellirla per potere conservare almeno una prova di quello che aveva fatto, ma lui ha preso i due corpi e li ha gettati nel pozzo con vernice e legna, e li ha bruciati per tre giorni. I resti li ha chiusi in un sacco e li ha gettati nel cassonetto dei rifiuti". Il pubblico ministero contesta questa nuova deposizione e legge alcuni brani di un'intercettazione fatta in carcere: Mario confessa al compagno di cella di volere cambiare ogni volta la versione dei fatti, per sembrare mitomane. Ma questa volta, sostiene Mario, è la verità, e dice: "Vorrei sottopormi alla macchina della verità. Mio padre è colpevole, deve essere tenuto in prigione: fuori ucciderebbe ancora. Guardando i filmati di "Chi l'ha visto?" in cui risponde alle domande sulla scomparsa di Luca, mi sono convinto, e io lo conosco bene, che ha ucciso lui Luca Amorese". Durante la sua deposizione, anche una confessione inattesa: avrebbe voluto sposare Luigina e diventare il padre adottivo di Valentina, per la quale aveva già comprato il corredino.
L'11 aprile, dopo oltre cinque ore di camera di consiglio, i giudici della corte d'assise di Roma hanno emesso la sentenza: 24 anni di reclusione per Elvino Gargiulo e 16 anni per suo figlio Mario. Al giovane sono state riconosciute le attenuanti generiche invocate dalla difesa e la semi infermità mentale. E proprio sulla presunta psicolabilità di Mario si impostava la difesa degli avvocati di Elvino: essi hanno tentato di dimostrare l'assenza di prove concrete a carico dell'indiziato contro il quale, hanno sostenuto, ci sarebbero state solo le imprecise accuse del figlio, a loro dire inattendibile.
Elvino Gargiulo è stato rinviato a giudizio per il sequestro di persona di Luca Amorese e, inoltre, per atti di libidine sul ragazzo stesso e su altre due bambine, sue sorelle. La decisione di processare nuovamente l'anziano rigattiere del Quadraro, già condannato per l'omicidio di Valentina Paladini e di Luigina Giumento, è stata presa in seguito alla testimonianza di una sua amica. La donna - intervistata da "Chi l'ha Visto?" - ha riferito agli inquirenti che Gargiulo le chiese di scrivere su una busta l'indirizzo della famiglia Amorese, dicendo che lui non poteva farlo in quanto non ci vedeva bene. Al suo rifiuto l'uomo sembró molto seccato. Dopo la scomparsa del piccolo Luca i suoi genitori ricevettero una lettera nella quale il bambino diceva di trovarsi con un amico e di stare benone. La perizia calligrafica ha stabilito successivamente che la lettera era stata scritta dal bambino ma che la calligrafia presente sulla busta apparteneva ad un'altra persona, probabilmente una donna. Si è poi scoperto che il foglio su cui era stata scritta la missiva era stato strappato da un agenda dell' "Alitalia", trovata nell'abitazione di Gargiulo. Nella casa dell'anziano rigattiere è stato trovato anche il motorino del piccolo "Pelè del Quadraro". Sembra che Luca -che frequentava l'anziano rigattiere- gli avesse sottratto una grossa somma con la quale avrebbe comperato il motorino, alcuni vestiti e fatto molti regali ad alcuni amici. Mentre per gli omicidi della Giumento e della Paladini esisteva una confessione del figlio di Gargiulo, Mario, gli accertamenti sul caso Amorese erano fino ad ora privi di un riscontro testimoniale diretto.
Il 23 marzo 1998 la IX sezione del tribunale di Roma ha condannato Elvino Gargiulo a 5 anni per le violenze sessuali nei confronti dei minori e lo ha assolto, perché il fatto non sussiste, dall'accusa di aver sequestrato Luca Amorese. Ma l'inchiesta sulla scomparsa del Pelè del Quadraro va avanti. Il Pubblico Ministero ha ottenuto infatti una proroga di 6 mesi per poter proseguire le indagini.
Con la sentenza del 20 dicembre 2000, la seconda corte di assise di Roma ha condannato Elvino Gargiulo a 22 anni di reclusione per l'omicidio di Luca Amorese. Nel giardino del vecchio rigattiere sono state ritrovate le ossa delle due donne uccise, Luigina Giumento e Valentina Paladini. Il corpo del piccolo "Pelè" non è ancora stato ritrovato.