Edizione:2000-2001
Nella notte tra il 16 e il 17 febbraio Tina Motoc, una prostituta moldava di 20 anni, è stata brutalmente assassinata. Il suo corpo nudo è stato ritrovato lungo un canale di irrigazione che attraversa un campo nelle vicinanze dello svincolo Pianezza Collegno della tangenziale di Torino. Aveva diverse ferite sul volto e sul capo, le gambe e il piede destro erano stati bruciati con il fuoco di un falò acceso con i vestiti della ragazza. L'assassino sembra che abbia poi rinfilato lo stivaletto sul piede bruciato. Stretti intorno alla gola i suoi collant, che poi le erano stati legati alle mani dietro alla schiena. Tina è morta per soffocamento. Negli ultimi cinque anni diverse prostitute sono state uccise nella zona di Torino. Nel 1996 Marianthi Mimidi, 20 anni, venne uccisa in un bosco nei pressi di Avigliana. Il suo corpo fu rinvenuto con la testa fracassata, parzialmente carbonizzato. Nel 1997, dietro a un distributore di benzina a Corso Unione Sovietica, fu strangolata con le sue calze Yulia, un'albanese di 24 anni che si prostituiva lungo il viale che porta a Stupinigi. Nel 1998, davanti a un ipermercato di Rivoli, venne ammazzata Giuliana Vilali, ragazza macedone di 23 anni, strangolata con una sciarpa e lasciata nel bosco seminuda. Per questi brutali delitti gli inquirenti non tralasciano alcuna pista. Viste le modalità degli assassini, potrebbe trattarsi dell'opera di un maniaco pluriomicida. Oppure della strategia di un racket che sta cercando di depistare le indagini.
La giovane Tina continua a restare senza una identità certa. Prima di essere uccisa, era stata fermata due volte dalla polizia sprovvista di documenti. Probabilmente era entrata in Italia clandestinamente. La prima volta aveva detto di essere nata in Moldavia il 5 febbraio 1980, e di essere figlia di Mihai Motoc. Due mesi dopo aveva fornito alle forze dell'ordine le stesse generalità, cambiando però l'anno di nascita e il nome del padre: Dumitru. Un padre missionario di Padova si è messo in contatto con "Chi l'ha visto?" perché ha notato che Tina somigliava moltissimo a un giovane orfano moldavo che sta cercando sua sorella da diversi mesi: la ragazza è venuta in Italia l'estate scorsa per incontrarlo, ma di lei si sono perse le tracce. Fortunatamente, non si tratta della stessa persona.
Una nuova pista si è aperta nella vicenda degli omicidi commessi a Torino. Maurizio Minghella, 44 anni, ergastolano in semilibertà, è stato arrestato il 7 marzo con l'accusa di aver aggredito e derubato una giovane prostituta albanese vicino ad Alpignano, a poca distanza da dove era stato ritrovato il cadavere di Tina. Minghella, ex-pugile, era stato arrestato nel 1978 e poi condannato all'ergastolo per aver ucciso 4 donne in Liguria. Era stato definito "il mostro di Genova" per come aveva seviziato le sue vittime prima di strangolarle. Nel 1995 aveva ottenuto la semilibertà, ed era stato trasferito nel carcere Delle Vallette di Torino. Di giorno lavorava come falegname presso una comunità di recupero. Tra la fine dell'orario di lavoro e il rientro in carcere aveva 4 ore libere, durante le quali nessuno sapeva cosa facesse. Poteva anche usufruire di alcuni permessi di due o tre giorni. Maurizio Minghella è ora sospettato di essere il presunto responsabile dell’omicidio di una prostituta marocchina, Fatima H’Didou, strangolata con un laccio della sua tuta nel 1997. L’esame del Dna effettuato su alcune tracce organiche trovate sul corpo della ragazza coinciderebbe con quello del Minghella. Recentemente, l’uomo è stato riconosciuto da una prostituta albanese, aggredita, percossa e rapinata. Minghella sarebbe stato visto diverse volte aggirarsi in motorino a Rivoli, nella zona dove alcune prostitute sono state aggredite e rapinate. Le tracce biologiche rinvenute dopo una violenza sessuale su una prostituta italiana avvenuta nel 1999 anche in questo caso sarebbero compatibili con quelle di Minghella. Si stanno analizzando i residui organici rinvenuti sotto alle unghie di Tina Motoc, uccisa a 4 chilometri dal carcere delle Vallette.
Maurizio Minghella è ora gravemente indiziato anche per l'omicidio di Tina Motoc. La polizia e la magistratura di Torino hanno raccolto prove importanti a suo carico. Durante una perquisizione effettuata nella sua abitazione, erano stati sequestrati due telefoni cellulari e un paio di scarponi anfibi. Uno dei telefonini - hanno scoperto gli investigatori studiando i tabulati e ricostruendo il numero identificativo del cellulare, cancellato dal Minghella - apparteneva proprio alla ragazza uccisa.
Con la ricerca sui tabulati sono stati anche rintracciati i genitori di Tina, che abitano in un paesino della Romania, e si è saputo che la ragazza - il cui nome completo era Florentina - era mamma di un bambino di tre anni. L'ultima telefonata prima di morire Tina l'aveva fatta proprio ai suoi genitori, alle 16:10 del 9 febbraio. La sera stessa, il telefono era nelle mani di Minghella, che lo aveva utilizzato con un'altra scheda per chiamare i propri familiari.
Dalle indagini è emerso anche un altro fatto importante: il 9 febbraio Minghella non era andato al lavoro, ed era privo di alibi. Il suo telefono cellulare è stato localizzato alle 16:50 sulla stazione radio corrispondente alla zona dove è stata uccisa Tina. Sotto gli anfibi sequestrati sono state rinvenute foglie e terriccio identico a quello del luogo del ritrovamento del cadavere.
Minghella è sottoposto a misure cautelari anche in relazione a undici rapine e violenze sessuali perpetrate ai danni di prostitute che lavoravano nella stessa zona. Dieci delle vittime lo hanno riconosciuto in sede di incidente probatorio.
Gli inquirenti stanno indagando su altri otto omicidi di prostitute avvenuti a Torino tutti per strangolamento e accompagnati da particolari sevizie. Si tratta del cadavere non identificato di una donna completamente carbonizzata, rinvenuto a Carmagnola nell'agosto del 1996; di Herjiona Sulejmani, trovata morta nello stesso mese; di Elly Isaku, uccisa nel gennaio 1997; di Loredana Maccario, nel marzo 1997; di Carolina Gallone, nel 1997; di Nada Shehu, ritrovata nell'agosto 1997; di Giuliana Vilali, nel febbraio 1998; di Cosima Guido, gennaio 1999.
A fine novembre 2002 si è riaperto il processo a Maurizio Minghella. Domenico Montanti ispettore capo della Squadra Mobile di Torino ha detto: "Tutte le rapine e le aggressioni che sono avvenute sono compatibili con la libertà di Minghella, così come gli omicidi". Minghella sul lavoro appariva impeccabile, aveva conquistato la fiducia dei suoi colleghi e del datore di lavoro; aveva ottenuto anche il permesso di andare in trasferta a montare le strutture prodotte dalla falegnameria in cui lavorava. Secondo Franco Perino, il datore di lavoro: "Si era instaurato un clima di fiducia con Minghella, in quanto rispettoso delle regole della cooperativa e uno dei più produttivi". Unica eccezione a questo ritratto è una lettera inviata al tribunale di sorveglianza da Monica Finessi, ex convivente di Minghella e madre di suo figlio: "Chiedo se possibile avere un colloquio con la dottoressa Bogu (uno dei giudici di sorveglianza) perchè il semilibero va a fare rapine, esce con altri pregiudicati, continua a uscire con prostitute e con gente che ha problemi di droga". Questa lettera era stata recapitata il 27 novembre 1999. Tutte le prostitute sopravvissute alle rapine indicavano il loro aggressore in un uomo a bordo di uno scooter scuro. Il brigadiere Gianni Demetrio dei Carabinieri di Rivoli (Torino) ha dichiarato: "Una di queste prostitute mi ha fornito il numero del contrassegno identificativo del veicolo". Il dr. Marco Basile, dirigente della squadra omicidi di Torino, ha riferito anche di un vano inseguimento. Nel luglio del 1998 un uomo a bordo di un motorino era riuscito a sfuggire facilmente a un'auto guidata da Carabinieri in borghese perchè un'altra auto si era messa di traverso, bloccando la strada. Questa secondo veicolo, in seguito, era risultato appartenere alla polizia, a sua volta sulle tracce della stessa persona. Meno di un mese dopo, l'uomo veniva riconosciuto alla stazione di Porta Susa da una prostituta polacca, che era stata a sua volta aggredita e rapinata da lui. La donna, dopo avere riconosciuto il suo aggressore, era corsa verso gli agenti della polizia ferroviaria per avvertirli. Andrea Povero, della polizia ferroviaria di Torino, ha ricordato: "Lei ha indicato col dito in mezzo alla piazza, praticamente. Noi ci siamo girati e la prima cosa che abbiamo visto è stata una persona che scappava. Appena gli siamo andati dietro lo abbiamo raggiunto e lo abbiamo invitato a seguirci. Lui all'improvviso ha strattonato, non siamo riusciti a fermarlo, ha scavalcato, si è buttato di sotto e ha cominciato a correre a sinistra, in direzione Porta Nuova, in mezzo ai binari.
Non è stato relazionato nulla, comunque, non avendo saputo cos'era successo. Alla ragazza abbiamo cercato di fare capire che se doveva fare una denuncia, o qualche cosa, doveva recarsi in questura. D'altra parte era scappato ma non era successo niente. Era uno che scappa, ma non è che avesse commesso un reato". La donna aveva anche detto che quell'uomo aveva un motorino. Quando gli agenti avevano ritrovato un motorino con le chiavi inserite nel blocco accensione, non lo avevano messo in relazione con la fuga dell'uomo. Così il motorino che avrebbe portato gli inquirenti ad identificare Minghella finì semplicemente presso il magazzino degli oggetti smarriti della stazione e, successivamente, fu venduto all'asta. La mattina del 9 febbraio, quando venne uccisa Tina Motoc, la polizia si era recata sul posto di lavoro di Maurizio Minghella per un controllo. Questo il racconto del datore di lavoro: "Maurizio Minghella, intorno alle 8.30, ora in cui doveva iniziare a lavorare, telefona alla cooperativa e dice: oggi non sto bene, non vengo a lavorare. Verso le 9 arriva un controllo chiedendo di lui. Era previsto che quel giorno lì Minghella andasse ad Alpignano a fare dei montaggi. Eravamo pressati da questa situazione. E' chiaro che abbiamo fatto degli errori". Con questo Franco Perino si è riferito al fatto che, in quella occasione, alla Squadra Mobile fu fornito un tabulato dal quale risultava che Maurizio Minghella si trovava in trasferta. Quindi alla polizia apparve normale che l'uomo non fosse presente.
Nei giorni scorsi si e' creato grande allarme e sconcerto per la fuga, cosi' incredibilmente facile, di Maurizio Minghella. E' sembrato che i responsabili della sua custodia non avessero la minima idea di chi gli fosse stato affidato. Ma non è stata l'unica strabiliante leggerezza che ha accompagnato la storia e la vita di questo pericoloso serial killer, giudicato responsabile di tanti atroci delitti. "Chi l'ha visto?" ha pertanto riproposto l'eccezionale documento, pieno di testimonianze, trasmesso pochi giorni prima della sconcertante evasione di Minghella.
Continua il processo a Maurizio Minghella e nuovi tasselli sembrano trovare il loro posto nella lunga serie di omicidi. Novità sul caso di Fatima H'Didou, la donna marocchina uccisa nel 1997. Recentemente, grazie ad analisi più sofisticate, gli esperti dell'Università di Torino sono giunti a risultati certi circa i residui organici trovati sul suo corpo. Il profilo genetico ricostruito sarebbe più che compatibile con quello di Maurizio Minghella: "Sono praticamente identici e la probabilità di rinvenire questo profilo risulta essere pari a un individuo su trecento milioni di miliardi". Cosima Guido una sera del gennaio del 1999 non era tornata dal suo convivente. Così lui, insieme ad un amico, era salito nell'appartamento dove la donna si prostituiva, trovandola morta per strangolamento. Il letto era pieno di sangue e la vittima risultava essere stata colpita ripetutamente. La Polizia scientifica aveva rinvenuto fuori dell'appartamento due pezzi di carta assorbente da cucina. Analizzati attentamente presentavano macchie di sangue ed altre di diverso materiale biologico. "La traccia biologica ha un profilo genetico perfettamente coincidente con quello di Minghella Maurizio. Un profilo con queste caratteristiche si rinviene nella popolazione con una frequenza di un individuo ogni duemila miliardi di miliardi, quindi vi è la pressoché assoluta certezza che questa traccia biologica appartenga a Maurizio Minghella", ha precisato il dottor Robino, consulente tecnico. Gli esperti sono riusciti a dimostrare che quei due fogli rinvenuti sulle scale erano proprio gli ultimi due mancanti dal rotolo presente nell'appartamento di Cosima Guidi. Quindi l'assassino, gettando quei due fogli di carta si legava indissolubilmente alla scena dell'omicidio. Il sangue apparteneva alla vittima e le altre macchie all'assassino che, dopo essersi pulito le mani dal sangue, si era soffiato il naso. Per quanto riguarda Tina Motoc non si è ancora saputo spiegare se le bruciature sul suo corpo risalissero a prima o dopo la morte. L'orologio della ragazza aveva le lancette ferme sulle ore 4,46. Probabilmente il momento nel quale era cominciato il brutale pestaggio.
Il 4 aprile 2003, a Torino, si è concluso il processo contro Maurizio Minghella, imputato per l'omicidio di quattro donne e per svariate rapine e violenze sessuali perpetrate nei confronti di altre quattordici. Minghella è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio della giovane Florentina Motoc e a 30 anni di reclusione sia per l'omicidio di Fatima H'Didou, sia per quello di Cosima Guido. Queste due condanne sono state riunite in un altro ergastolo, mentre Minghella è stato assolto dall'accusa di avere assassinato una donna mai identificata, ritrovata semicarbonizzata nei pressi di Carmagnola (Torino) nell'agosto del 1996. Per la serie di rapine e di violenze compiute a Torino, tra il '96 e il 2001, è stato inoltre condannato per complessivi 131 anni di reclusione. Tutti i crimini sono stati compiuti mentre Minghella stava usufruendo del regime di semilibertà. Di giorno, infatti, lavorava presso una falegnameria e verso el 22 tornava a dormire in carcere. Ogni giorno trascorreva almeno cinque ore senza controllo. L'uomo era già stato condannato nel 1979 all'ergastolo per gli omicidi di quattro ragazze assassinate a Genova. Tra le quattro vittime, una aveva appena 14 anni. Maurizio Minghella non ha mai voluto presenziare alle udienze del processo e ha preferito considerarsi vittima di un complotto. Si è anche rifiutato di parlare con il suo legale. Durante il processo sono stati ascoltati diversi periti che dovevano stabilire la capacità di intendere e di volere dell'imputato. Minghella si è rifiutato di parlare con gli psicologi e i periti si sono basati su relazioni e test stilati nei colloqui durante l'istruttoria.
Per il perito della difesa il ritardo mentale di Minghella implica un funzionamento intellettivo sostanzialmente sotto la media. Ne deriverebbe la scarsa capacità di intendere e di volere dell'imputato. Ma per il professor Eugenio Torre, perito del tribunale, i test di intelligenza hanno dimostrato che Minghella raggiunge il limite minimo di un'intelligenza normale. I periti hanno analizzato attentamente i comportamenti del Minghella sin dall'infanzia: da piccolo veniva spesso picchiato in famiglia. Poi, alle scuole elementari, iniziarono a registrarsi degli episodi allarmanti e violenti nei confronti dei compagni. L'infanzia di Minghella è stata segnata da una violenza maturata in un ambiente altamente degradato. Una violenza che lo ha sempre accompagnato. A venti anni aveva assassinato quattro ragazze. Dopo 16 anni di carcere i suoi comportamenti erano stati giudicati irreprensibili. Così era riuscito ad ottenere la semilibertà continuando ad apparire un bravo lavoratore e un detenuto modello. Il codice italiano non prevede percorsi carcerari speciali o particolari attenzioni per gli omicidi seriali. A questo proposito l'avvocato Gian Mario Ramondino, legale di Minghella ha spiegato: "Lui potrà, decorso un periodo di tempo non inferiore a venti anni, chiedere nuovamente la semilibertà, perché comunque l'ergastolo nella nostra legislazione è una pena definitiva solo sulla carta. Se lui si comporta bene, e lui nel carcere si è sempre comportato bene, potrà di nuovo accedere a questi benefici".
Con un ergastolo alle spalle, Maurizio Minghella ha ucciso mentre era in semilibertà:dopo la seconda condanna, ora chiede un nuovo permesso. Dopo due condanne definitive all'ergastolo, la prima per quattro omicidi compiuti a Genova nel 1978, e la seconda per tre omicidi compiuti a Torino tra il 1996 e il 2001, mentre godeva del regime di semilibertà, il detenuto Maurizio Minghella avrebbe richisto al giudice un nuovo permesso per uscire dal carcere. Il permesso gli è stato negato. Nel frattempo la Squadra Mobile di Torino continua a indagare su altri sette omicidi di donne. Grazie alle nuove tecnologie scientifiche, le indagini potrebbero portare alla luce nuovi riscontri contro Maurizio Minghella.
La squadra mobile di Torino, al termine delle indagini condotte dal pm Roberto Sparagna, ha notificato nel carcere di Pavia a Maurizio Minghella un ordine di custodia cautelare per l'omicidio di Floreta Islami, 29enne albanese, strangolata a Rivoli il 14 febbraio 1998. Grazie a nuove tecniche di investigazione biomolecolare, la polizia scientifica è riuscita a estrarre un profilo genetico corrispondente a quello di Minghella da piccole tracce sulla sciarpa di lana utilizzata per strangolare la donna. La misura cautelare è stata firmata dal gip Cristiano Trevisan, che ha ritenuto “attuale” il pericolo di reiterazione dei reati alla luce delle precedenti evasioni del serial killer. Minghella, che ha 58 anni, è indagato per altri tre omicidi commessi alla fine degli anni Novanta, sempre nel Torinese.
Maurizio Minghella dovrà difendersi da una nuova accusa di omicidio. Il pericoloso serial killer, già condannato a 131 anni di carcere per sette omicidi compiuti tra il 1978 e il 2001, è stato rinviato a giudizio a Torino per la morte di Floreta Islami, donna albanese strangolata nelle campagne di Rivoli (Torino) il 14 febbraio 1998. All'identità della donna fu possibile risalire dopo un appello a "Chi l'ha visto?". Il gup ha accolto la richiesta del pm Roberto Sparagna che lo scorso anno aveva riaperto le indagini sul 'cold case', notificando a Minghella una misura cautelare nel carcere di Pavia, dove l'uomo è attualmente detenuto.