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Scomparso

L'omicidio di Garmisch

Edizione:2001/2002
Data pubblicazione:04/12/2001

Alle sei e mezzo del mattino del 6 novembre 2001, nei pressi di Garmisch, nota stazione sciistica della Baviera, è stato ritrovato il cadavere di una giovane donna. Il corpo nudo - con indosso solo un paio di slip scuri - giaceva sull'asfalto di una stradina che costeggia la statale 23 che dal Brennero porta ad Augsburg. Una stradina in disuso da anni, percorsa di notte solo da qualche automobilista che vuole sfuggire il test del "palloncino".
Il volto della giovane era sfigurato; si è trattato senza dubbio di un delitto brutale. Per avere la certezza di averla uccisa, il killer era passato due volte con l'auto sul corpo facendone scempio.
La polizia è riuscita a ricostruire il volto della vittima con la collaborazione di un chirurgo plastico. Secondo i risultati dell'analisi necroscopica, la donna sarebbe stata uccisa non più di sette-ore prima del ritrovamento, quindi durante la notte tra il 5 e il 6 novembre. Sono state trovate due ferite, una al capo e l'altra al basso ventre; la vittima ha anche subìto sevizie sessuali, ma non è stata violentata.
 Sul ciglio della strada sono stati ritrovati i bottoni della camicetta, strappata alla giovane, e gli orecchini con le clips chiuse, che forse la donna teneva in tasca. Il killer, dopo aver massacrato la sua vittima, aveva deciso di far sparire i suoi abiti, ma li aveva poi abbandonati a meno di un chilometro dal confine con l'Austria, in una piazzola di sosta. In una busta di plastica rigonfia sono stati trovati gli abiti intrisi di sangue.
La polizia tedesca dà molta importanza a questi vestiti, che potrebbero ricondurre all'identità della vittima, forse italiana. Le scarpe sono state prodotte da una ditta della provincia di Ancona - la Giada Gabrielli; pantaloni e camicetta sono in vendita in una catena di supermercati, la "C più A", presenti in Germania e in Austria. La giacca di pelle è prodotta da un centro di Trissino, a 30 chilometri da Vicenza; anche gli orecchini sono stati fabbricati da un artigiano vicentino. La busta che conteneva gli indumenti era di una catena di supermercati italiani. Nell'inventario manca solo la borsetta, che l'assassino ha tenuto con sé perché probabilmente conteneva i documenti e forse del denaro. Accanto al corpo sono stati trovai i cocci di una bottiglia di Fragolino prodotta da un'azienda veneta, che però potrebbe anche essere stata acquistata in un autogrill sull'autostrada.
Fra qualche giorno si avrà l'esito completo delle analisi, forse si scoprirà che cosa aveva mangiato la donna prima di essere uccisa. La polizia sta lavorando anche per ricostruire il dna dell'assassino: sotto le unghie della giovane c'erano piccoli brandelli di pelle del suo aggressore, conseguenza della lotta disperata per sottrarsi alla morte. Probabilmente la donna, già ferita, aveva cercato di fuggire per raggiungere la strada statale, ed era stata aggredita sul ciglio opposto della stradina. Tramortita con un violento colpo, era stata trascinata al centro della carreggiata, quando lo spietato omicida l'aveva schiacciata con l'automobile.
La Criminalpol bavarese ha deciso di rivolgersi a "Chi l'ha visto?" nella speranza di scoprire l'identità della vittima.

  • 14 maggio 2002

    Nuovi esami scientifici particolarmente elaborati hanno rivelato alcuni elementi che hanno in parte smentito i precedenti risultati delle ricerche effettuate sul cadavere ritrovato a Garmisch. La donna uccisa potrebbe essere stata italiana: si è scoperto che il tipo di lega usata per le cure dentarie è quella normalmente utilizzata dai dentisti del nostro Paese. Un'ipotesi questa che troverebbe delle conferme anche dai risultati dell'esame isotopico effettuato dall'Istituto antropologico di Friburgo. Al momento della morte la signora aveva presumibilmente un'età compresa tra i quaranta e i cinquant'anni, e probabilmente assumeva morfina. Alta circa m 1,60, era di corporatura minuta, pesava 55 chili. Aveva i capelli scuri di media lunghezza, e gli occhi chiari. Indossava abiti di taglia 42, e scarpe numero 37.
    Le indagini si sono concentrate nella zona di Ancona. Si è infatti scoperto che le scarpe indossate dalla vittima - prodotte dal calzaturificio Giada Gabrielli a Porto Sant'Elpidio - sono state vendute in un negozio di Castelfidardo, che ne aveva rilevato l'intero stock.

  • 31 ottobre 2003

    La vittima del feroce delitto non è stata identificata e l'assassino circola ancora liberamente, probabilmente in Italia perché quasi tutti gli indizi conducono nel nostro paese. A distanza di due anni le indagini continuano. Andreas Herzog, commissario della Criminalpol, ha detto: "Possiamo dire che sia la vittima sia l'assassino hanno bevuto dalla stessa bottiglia. Questo è stato accertato dalle indagini scientifiche e autoptiche". Anche i frammenti di pelle trovati sotto le unghie delle mani della vittima risultano appartenere alla stessa persona che aveva bevuto dalla bottiglia di fragolino. Dunque l'assassino non ha un nome, ma attraverso il suo Dna potrà essere identificato più facilmente.
    Nell'ottobre 2003 Andreas Herzog si è recato a Vicenza per sapere qualcosa in più sulla giacca di pelle e gli orecchini d'oro della vittima e per questo ha chiesto la collaborazione della Guardia di Finanza. Le nuove indagini hanno permesso di stabilire che sia della giacca sia degli orecchini sono stati prodotti pochi esemplari: quattordici per la giacca e venti per gli orecchini. Anche le scarpe sarebbero state prodotte in numero limitato.
    Attraverso la contabilità analitica delle vendite dell'azienda produttrice è stato possibile risalire a sette acquisti delle giacche vendute fra la fine di ottobre del 2000 e il marzo 2001, al prezzo di 300 euro. Degli altri sette rimasti uno è stato venduto da un commerciante di Barletta (Bari), gli altri sei sono rientrati in azienda e venduti allo spaccio. Il Capitano Giuseppe Ferrante, della polizia tributaria di Vicenza, ha spiegato: "Noi dobbiamo cercare di capire chi può aver acquistato i sei capi venduti allo spaccio e il capo venduto nella ditta di Barletta. Ci vuole un po' di fortuna nel senso che dobbiamo sperare che qualcuno si ricordi a chi ha venduto il capo, oppure che l'acquirente abbia pagato con carta di credito, con assegno o con bancomat". Difficoltà maggiori sono state incontrate per individuare gli acquirenti degli orecchini. La Guardia di finanza sta contattando uno per uno i clienti della ditta, una ventina in tutto, nella speranza che qualcuno possa dare indicazioni utili.
    Per il commissario Herzog c'è una pista principale: "L'indagine si concentra su Vicenza piuttosto che su Castelfidardo, che è una piccola cittadina dove non ci si passa così facilmente, a meno che non ci si vada di proposito". In particolare secondo l'identikit profilato finora, l'assassino probabilmente è italiano, conosceva bene Garmisch, aveva paura di essere riconosciuto, è persona conosciuta. Anche se secondo Herzog si tratta di "piccoli indizi", possono contribuire comunque a definire un quadro meno confuso.
    Un'altra traccia importante porterebbe al dentista che aveva in cura la donna. In particolare le leghe usate per le cure dentarie hanno fatto pensare che il dentista che ha curato la donna non identificata sia italiano.
    Il capo della Criminalpol bavarese è convinto del resto che da qualche parte, in Italia o nei paesi dell'Est, ci sia una donna che non ha più dato notizie di sé da quasi due anni e quindi spera che qualcuno si faccia avanti. Ma confida anche nei telespettatori di "Chi l'ha visto?" per accelerare le indagini che sono state estese anche ai Balcani.

  • 26 gennaio 2004

    Gli accertamenti condotti in Italia dalla Guardia di Finanza hanno permesso di risolvere il mistero del delitto di Garmisch. Il controllo incrociato di uno scontrino d'acquisto effettuato a Mestre (Venezia) il 15 ottobre 1999, relativo alla giacca di pelle della vittima, ha permesso di scoprirne l'identità. La donna brutalmente assassinata era Elizabeth Lassman, 46 anni, olandese, sposata con un ingegnere del tarantino. A fugare ulteriori dubbi, nella foto del documento d'identità la donna indossava gli stessi orecchini ritrovati sul ciglio della stradina accanto alla vittima. Ha coinciso anche un dato della necroscopia: la donna uccisa aveva avuto una figlia, Eleonora Salomi, 24 anni. Il marito non aveva mai denunciato la scomparsa della moglie perché si era da lei separato nel 2000. Il Capitano Gerardo Petitto del Reparto Operativo Carabinieri di Bari ha spiegato: "La sua percezione era che comunque la donna mantenesse contatti stabili con la figlia". Gli inquirenti avrebbero voluto interrogare Eleonora Salomi, ma il padre aveva voluto prima metterla al corrente della probabile tragedia, perché riteneva che stesse attraversando un momento difficile forse proprio a causa di quello che presumeva essere un abbandono della madre.
    Ma il 14 gennaio, sotto il cavalcavia della stradina per Bitritto, alla periferia di Bari, Eleonora Salomi si sarebbe tolta la vita davanti agli occhi di Francesco Alfonsetti, l'uomo con il quale aveva una relazione. Sul cruscotto della sua auto la un biglietto: "Non posso sopportare il peso di quella tragica notte. Solo venendo da te finirà tutto...". Alfonsetti, 37 anni, sposato e padre di tre figli, geometra di Villafranca Fontana (Taranto), è stato interrogato come testimone diretto del suicidio e arrestato per l'omicidio volontario di Elizabeth Lassman. Ha raccontato che il 5 novembre 2001 lui e Eleonora Salomi erano partiti insieme dall'Italia diretti a Garmisch per incontrare Elisabeth Lassman, con la quale Alfonsetti aveva una relazione, fonte di rancore da parte della Salomi che ne sarebbe stata al corrente. C'era da dividere l'eredità lasciata dai nonni. Dopo quell'incontro sarebbe scoppiata una lite violenta culminata con l'uccisione della donna. Alfonsetti ha riversato le accuse su Eleonora Salomi. Ma gli inquirenti sospettano che molte colpe ricadano proprio su di  lui.

  • 21 maggio 2009

    Eleonora Salomi non si sarebbe suicidata perché divorata dal rimorso per aver partecipato all'omicidio di sua madre, come fu fatto credere, ma sarebbe stata uccisa dallo stesso assassino della madre, che voleva mettere le mani sulla ricca eredità delle due donne. L'uomo, Francesco Alfonsetti, già condannato all'ergastolo a Brindisi per l'omicidio della  cinquantenne Elisabeth Lassman, è indagato dalla procura di Bari per aver assassinato con un colpo di pistola alla testa la figlia della donna, Eleonora Salomi, di 25 anni. L'uomo avrebbe inscenato il suicidio per far ricadere sulla giovane la responsabilità dell'omicidio della Lassman nei pressi di Garmisch, stazione sciistica della Baviera. L'indagine fu archiviata per suicidio ma è stata riaperta dal pm Renato Nitti che ha ricevuto una serie di nuovi elementi in base ai quali ipotizza che Alfonsetti abbia ucciso non solo la compagna ma anche la giovane, con la quale aveva anche una relazione sentimentale. I due omicidi - secondo le indagini - sarebbero legati a motivi di eredità perché l'uomo, avrebbe ottenuto disponibilità di denaro in appannaggio delle due donne che l'avevano a loro volta ricevuta dal padre della cinquantenne morto poco tempo prima in Spagna.

  • 20 maggio 2011

    I carabinieri del Comando provinciale di Bari hanno notificato un'ordinanza di custodia  cautelare in carcere a Francesco Alfonzetti, 44 anni, di Francavilla Fontana, nel brindisino, già condannato per l’omicidio di Elisabeth Lansmann, con l’accusa di aver ucciso anche la figlia della donna simulandone il suicidio. Eleonora Salomi fu trovata senza vita in auto sotto un ponte della strada provinciale 236 a Bitritto, vicino Bari. Le indagini erano state riaperte nel maggio 2009. Il corpo di Elisabeth Lansmann fu ritrovato il 6 novembe 2001 a Garmisch, ma venne identificato dopo due anni di indagini della polizia tedesca che chiese anche la collaborazione del pubblico di “Chi l’ha visto?”

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