Edizione:2001/2002
Data pubblicazione:19/02/2002
Due colpi di fucile alla gola sparati a bruciapelo in rapidissima successione. E' stato ucciso così, il 19 ottobre 2001 alle cinque e mezzo di pomeriggio, con un rito che sembra un'esecuzione, Aroldo Prosperi, 61 anni, direttore dell'azienda agricola più grande d'Italia: la Torvis di Torviscosa in provincia di Udine. Ex proprietà di Ferruzzi e Gardini, l'azienda ha una superficie di oltre tremila ettari, una radura sterminata.
Quel pomeriggio, alle 18 Aroldo aveva una riunione in azienda. Prima era passato a controllare i lavori al Casale di Sotto e aveva scambiato due chiacchiere con dei collaboratori. Alle 17,20 era risalito in auto - un Fiorino Pick up - e si era diretto verso Malisana, dove si trova la direzione aziendale. Alle 17:29 i carabinieri di Latisana avevano ricevuto una telefonata dal suo cellulare. "L'uomo si era qualificato come dottor Prosperi, e ci aveva chiesto aiuto, perché aveva notato la presenza di bracconieri nella riserva di Torviscosa". La voce era tranquilla, e non aveva fatto presagire l'imminente pericolo. L'appuntato, per competenza territoriale, aveva trasferito la telefonata a Palmanova, la stazione più vicino. Quando la linea era stata ristabilita, un paio di minuti dopo, Aroldo Prosperi non aveva più risposto. In quel breve lasso di tempo era stato ucciso. Il suo corpo è stato ritrovato quattro ore dopo, vicino all'argine del fiume Corno. Lo sportello dell'auto era aperto, e il dottor Prosperi aveva una gamba all'esterno dell'abitacolo e le chiavi nella mano sinistra. L'anello del portachiavi era infilato ad un dito, come era solito fare. Impossibile stabilire se stava salendo o scendendo dall'auto. Il cellulare era all'interno della macchina, sul tappetino, con lo sportellino ancora aperto. Forse Aroldo era stato sorpreso dal suo carnefice mentre stava telefonando. Nell'auto c'erano anche due cornacchie morte in una busta; non è stato invece trovato nessun bossolo. Durante l'autopsia effettuata sul cadavere sono stati trovati pallini numero 5, normalmente caricati nelle cartucce calibro 12, quelle usate dai cacciatori.
Non correva buon sangue fra Prosperi e i cacciatori di frodo: l'uomo aveva fatto decine di telefonate ai carabinieri per segnalare presenze indesiderate nella tenuta agricola, dove la selvaggina è abbondante.
Quel pomeriggio, lungo le sponde del fiume, c'erano diversi pescatori. Qualcuno, sicuramente, ha sentito gli spari - tra l'altro, era giorno di "silenzio venatorio": non si poteva cacciare -. Ma nessuno finora si è presentato agli inquirenti per raccontare particolari che potrebbero rivelarsi fondamentali nello svolgimento dell'indagine su questo delitto.
"L'errore di Prosperi è stato quello di confidare a conoscenti che una volta raggiunta la pensione si sarebbe dedicato alla tutela dell'ambiente senza cautelare gli interessi di nessuno e specificando di avere prove e documenti anche per fermare le iniziative energetiche in corso". Questo è l'inizio di una lettera anonima arrivata a "Chi l'ha visto?". L'ipotesi avanzata è che il movente dell'omicidio di Aroldo Prosperi non sia da ricercarsi nel mondo venatorio, fra i bracconieri, ma fra personaggi legati a interessi economici sul territorio.
Uno dei temi sui quali Aroldo Prosperi dava battaglia riguardava i livelli di inquinamento nella zona di Torviscosa. Oggi, di fronte a un lento recupero, i giornali locali parlano di progetti che rischiano di determinare un nuovo degrado ambientale. E' possibile che l'uomo - come suggerisce sua moglie, fosse considerato da qualcuno "un elemento di disturbo"?
Si nutrono molti dubbi sull'autenticità della telefonata partita dal cellulare del direttore dell'azienda agricola poco prima di essere ucciso. E' stato lui a farla o sono stati i suoi assassini, proprio nel tentativo di depistare le indagini? Aroldo Prosperi sapeva a memoria il numero dei carabinieri di Torviscosa: perché allora rivolgersi al 112 di Latisana, dove non conosceva nessuno, evitando di dare indicazioni precise? Fra i punti oscuri di questa vicenda, la totale assenza di impronte persino sul cellulare della vittima, come se qualcuno avesse ripulito la scena del delitto.