Edizione:2005/2006
Data pubblicazione:13/02/2006
"Matteo Messina Denaro è l'uomo che rappresenta l'anello di congiunzione tra la vecchia e la nuova mafia", così lo definisce il capo Squadra Mobile Trapani, dr. Giuseppe Linares. Figlio di Francesco, che è stato per vent'anni capo del mandamento mafioso di Castevetrano (Trapani), come ipotizza il dr. Massimo Russo, Sostituto Procuratore della D.D.A. di Palermo, Matteo Messina Denaro "ha ucciso decine e decine di persone per mano sua e forse un centinaio sono state uccise su suo mandato. Se già non lo è, è sicuramente il candidato numero uno a diventare il capo di Cosa Nostra". Tra i suoi numerosissimi crimini anche la vicenda del sequestro e dell'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino, dato in custodia da febbraio ad agosto del 1995 proprio agli uomini di Matteo Messina Denaro, che durante il giorno lo tenevano legato e imbavagliato appeso a un gancio. Il giovane boss è anche al centro della strategia delle stragi e degli attentati di mafia del 1993, come quello che la notte tra il 26 e il 27 maggio 1993 in via dei Georgofili a Firenze costò la vita a cinque persone, tra le quali l'intera famiglia Nencioni. Soprannominato anche "U Siccu", latitante dal 2 giugno 1993 (dal 29 giugno 1994 a livello internazionale), Matteo Messina Denaro è amante del lusso e delle belle donne. Alto circa un metro e settanta, stempiato, capelli castani (all'epoca del mandato di cattura), è affetto da strabismo all'occhio sinistro.
Una raffica di arresti di fiancheggiatori del boss latitante Messina Denaro, latitante da 16 anni, ha portato in cella 13 persone. L’operazione “Golem” è stata condotta da uno speciale team investigativo della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia che sta cercando di togliere l’acqua nella quale ha nuotato indisturbato la primula rossa di Castelvetrano. È dal 1993 che uno dei più spietati criminali dell’isola, macchiatosi tra gli altri del delitto del piccolo Giuseppe Di Matteo, riesce a sfuggire alle numerose operazioni di polizia. La latitanza di Messina Denaro è garantita da una ragnatela di protezioni e da un fiume di soldi che arrivano da numerose attività illecite di cui il boss ha il controllo assoluto. La rete dei fiancheggiatori, composta da uomini e donne, comprende alcuni imprenditori del trapanese, ma arrivava anche a Roma e Piacenza. In questi anni Messina Denaro ha compiuto numerosi viaggi all’estero (in Austria, in Svizzera, in Grecia, in Spagna e in Tunisia) e ha mantenuto uno stretto contatto con gli altri “uomini d’onore” in carcere a scontare il regime duro del 41 bis. In un pizzino indirizzato al boss Bernardo Provenzano, arrestato nel 2006, Messina Denaro scriveva: “Non andrò mai via di mia volontà…sarò sempre disponibile per i miei amici, è il mio modo tacito di dire a loro che non hanno sbagliato a credere in me”.
Guarda i pizzini:
La Questura di Palermo ha mostrato l'identikit del boss latitante Matteo Messina Denaro. L'identikit ha due versioni: una stempiato, l'altra con più capelli, entrambe nella variante con occhiali da sole e da vista. "Innanzitutto - hanno spiegato gli inquirenti - per effettuare il procedimento di invecchiamento abbiamo preso in considerazione gli indici di familiarità, che sono stati tratti dalle più recenti immagini dei prossimi congiunti di Denaro"; mantenute, inoltre, le proporzioni naso-bocca, distanza delle pupille tra loro, distanza tra gli occhi e i bordi estremi della bocca e la distanza tra gli zigomi e occhi-bocca. (Dal sito del Ministero dell'Interno)
"Chi l'ha visto" ha scoperto che per correggere il suo strabismo, il 6 gennaio del 1994 Matteo Messina Denaro ha fatto una visita di controllo nella clinica "Barraquer" di Barcellona (Spagna), presentandosi come Matteo Messina e dichiarando data e luogo di nascita veri. In precedenza, all'epoca delle stragi del 1993, il boss si sarebbe fatto chiamare Paolo Forte e sarebbe vissuto in una villa lussuosa di Forte dei Marmi (Lucca) insieme a una donna austriaca.
Beni per 550 milioni di euro, riconducibili all'imprenditore di Santa Margherita Belice (Agrigento) Rosario Cascio, sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia e dal Gico della Guardia di finanza di Palermo. Un immenso patrimonio immobiliare e societario ricostruito dagli inquirenti, con il coordinamento della Dda di Palermo. Cascio, 75 anni, residente a Partanna (Trapani), è considerato uno dei cassieri del superlatitante Matteo Messina Denaro. L'uomo era a capo di una vera e propria holding mafiosa. Arrestato un anno e mezzo fa, è stato condannato, in via definitiva, per associazione mafiosa in seguito al processo scaturito dalle accuse del pentito Angelo Siino. Il provvedimento e' stato adottato dal Tribunale -Sezione misure di prevenzione di Agrigento, su proposta del direttore della Dia e della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
Un nuovo identikit del superlatitante Matteo Messina Denaro, indicato come il nuovo capo di Cosa Nostra, è stato predisposto dal Servizio Polizia Scientifica della Polizia di Stato. L'identikit è stato realizzato con la tecnica dell' Age Progression. Dalle immagini datate del latitante, parametrate a quelle relative ai suoi congiunti e tenendo conto del precedente identikit elaborato nel 2007 è stata sviluppata mediante una simulazione grafica computerizzata una nuova ipotesi di ricostruzione dei tratti somatici del latitante procedendo all'invecchiamento dei tratti fisionomici del volto. Il nuovo identikit mostra un volto decisamente più invecchiato e la fronte stempiata di Messina Denaro, che oggi ha 49 anni, rispetto alle ultime foto del boss che risalgono all'inizio degli anni 90.
Ergastolo a Matteo Messina Denaro per le stragi di Capaci e via D'Amelio, in cui furono uccisi Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti delle loro scorte. Il boss di Castelvetrano, già condannato per le stragi di Roma, Firenze e Milano, è latitante dal 1993.
Il boss, latitante da 30 anni, è stato arrestato all'interno di una clinica privata di Palermo. Il blitz è stato coordinato dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Si era recato nella clinica privata dove è stato arrestato "per sottoporsi a terapie". Lo dice il comandante del Ros dei carabinieri Pasquale Angelosanto dopo l'arresto del boss compiuto dagli uomini del raggruppamento speciale assieme a quelli del Gis e dei comandi territoriali.
Indagati per favoreggiamento l'ex amante di Matteo Messina Denaro e il fratello. Per lo stesso reato Maria e Francesco Mesi sono stati condannati in via definitiva nei primi anni 2000. I Carabinieri del Ros hanno perquisito le loro abitazioni di Aspra, nel Palermitano, una casa di campagna e la torrefazione gestita dalla famiglia. Sarebbero stati sequestrati i loro cellulari e pc.