Edizione:2000/2001
Data pubblicazione:05/06/2001
Il corpo di Michela De Villa, la trentaduenne di Costalta di Cadore scomparsa nel marzo 2001, è stato ritrovato dai carabinieri il 27 maggio in una fattoria alla periferia di Bolzano. Qualcuno aveva dato fuoco al cadavere, nella speranza di cancellare le tracce dell'omicidio, e ne aveva mutilato alcune parti. Poi il corpo era stato nascosto in un letamaio.
Un uomo, sospettato di essere l'autore del delitto, era stato arrestato: si trattava di Manfred Michaeler, 36 anni, alle spalle un curriculum pesante. Appena ventenne, ha molestato una ragazza che faceva l'autostop alle porte di Vipiteno, una località turistica. Dopo averla caricata in macchina, l'ha portata in un luogo appartato e l'ha legata. Fortunatamente, lei è riuscita a scappare. Tra il 1986 e il 1988 è stato denunciato diverse volte per atti di libidine violenti e sequestro di persona nei confronti di alcuni bambini, a Bressanone e in Austria, da dove è stato estradato. Nel 1998, in Svizzera, è stato in carcere per sequestro e tentata violenza sessuale su una ragazza, per poi essere espulso dal Paese.
Michela, durante l'inverno,aveva lavorato come cameriera presso un albergo a Plan de Corones. Finita la stagione, però, non era tornata a casa. Dal 13 marzo i suoi familiari non avevano ricevuto più notizie, e a metà maggio avevano sporto denuncia di scomparsa. Proprio il 13 marzo la giovane donna era arrivata a Bolzano, dove si era recata a trovare Elena, una sua amica che gestisce un sexy shop. La sera avevano festeggiato l'incontro con un gruppo di amici, prima in pizzeria e poi in diversi bar. Alla fine - secondo il racconto di Elena - Michela stata accompagnata a casa di Manfred, perché si sentiva male, e la mattina dopo risultava misteriosamente scomparsa. Grazie alle contraddizioni emerse durante gli interrogatori a questo gruppo di amici, gli inquirenti sono riusciti a ritrovare il corpo della ragazza, sul retro dell'abitazione di Manfred.
Manfred Michaeler, nel 1998, appena espulso dalla Svizzera, era stato ascoltato dagli inquirenti della procura di Bolzano nel corso delle indagini sull'omicidio di Ulrike Reistenhofer, una ragazzina austriaca. Le sue tracce si perdevano il 9 agosto alla stazione di Fortezza. Ma l'uomo per quel giorno aveva fornito un alibi, confermato da un suo amico.
Il 5 novembre del 2000, sempre in val Pusteria, era stata strangolata un'altra ragazzina, anche lei austriaca: Carmen Wieser. Il suo corpo era stato trasportato a San Stino di Livenza, a circa 200 chilometri dal luogo del delitto. Forse con l'intento di allontanare i sospetti da una zona che è diventata scenario di allarmanti omicidi, tutti a sfondo sessuale.
La notte tra il 13 e il 14 marzo, a casa di Manfred, c'erano anche altri due amici: Nicola e Heinrich. Manfred - secondo la versione di Nicola - aveva fatto delle avances piuttosto spinte a Michela, e alla fine i due erano stati lasciati soli. Nicola e Heinrich sarebbero andati a dormire in un appartamento attiguo. A un certo punto Nicola avrebbe sentito un urlo e il rumore di qualcosa che veniva trascinato.
Il 19 luglio il Tribunale di Bolzano ha condannato Manfred Michaeler a sei anni e due mesi di reclusione, con l'accusa di aver occultato e di aver tentato di distruggere il corpo di Michela. L'altra inchiesta, quella che deve scoprire l'autore del delitto, resta ancora aperta.
Durante il processo per l'occultamento del cadavere della povera ragazza, Ivan Tassinari, un altro degli amici di Manfred, è stato protagonista di un colpo di scena: interrogato, ha detto che Manfred gli avrebbe raccontato di aver ucciso la ragazza. Eppure era stato lo stesso Ivan a fornirgli un alibi per la notte dell'omicidio.
Manfred, che si dichiara estraneo al delitto, ha detto che quella notte, dopo aver girato per vari locali, non era tornato a casa ma si era direttamente recato a lavorare verso le cinque e mezzo del mattino. Rientrato a mezzogiorno, aveva trovato in casa sua il cadavere di Michela e aveva deciso di nasconderlo nel letamaio
Secondo l'avvocato della difesa, il reato di occultamento dovrebbe decadere visto che è stato proprio Manfred ad indicare agli inquirenti il luogo dove si trovava il corpo di Michela De Villa.
Secondo la procura questa condanna è motivata dalla brutalità con la quale è stato consumato l'occultamento.