Edizione:2005/2006
Data pubblicazione:19/09/2005
Dopo i servizi dedicati nel luglio 2005 alla scomparsa di Emanuela Orlandi è pervenuta a "Chi l'ha visto?" una telefonata anonima: "Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica si Sant'Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all'epoca".
Dopo questa segnalazione "Chi l’ha visto?" ha scoperto importanti documenti riservati.
Nel centro di Roma, nei pressi di piazza Navona, si trova la basilica di Sant'Apollinare. Nella cripta, dove riposano le spoglie di Papi, cardinali e martiri cristiani, effettivamente c'è la tomba di Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei capi più potenti della banda della Magliana, assassinato il 2 febbraio 1990. Il 6 marzo seguente il rettore della basilica, mons. Piero Vergari, ne ha attestato con una lettera lo status di grande benefattore: "Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma - Trastevere il 15/05/1954 e deceduto in Roma il 2/2/1990, è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana".
Quattro giorni dopo l'allora Vicario generale della diocesi di Roma e presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il cardinale Ugo Poletti, ha rilasciato il nulla osta alla sepoltura di De Pedis all'interno di sant'Apollinare. Il 24 aprile dello stesso anno la salma di De Pedis è stata tumulata e le chiavi del cancello sono state consegnate alla vedova.
Nel 1995 il magistrato responsabile delle indagini sulla banda della Magliana, dr. Andrea De Gasperis, venuto a conoscenza di voci sul fatto, aveva incaricato la Direzione Investigativa Antimafia di verificare. Nell'estate del 1997 la notizia era apparsa sulle pagine del quotidiano romano "Il Messaggero", suscitando la protesta dei sindacati di Polizia e una interrogazione parlamentare del gruppo della Lega Nord. Nè il Vaticano nè l'Opus Dei, che nel 1992 aveva acquisito la struttura della basilica, avevano accettato di risponderne alla magistratura e tutto era caduto nel dimenticatoio.
Nel corso della puntata sono intervenute in studio Natalina e Federica Orlandi, sorelle di Emanuela, insieme ad Andrea Ferraris, marito di Natalina, al quale si devono le registrazioni delle telefonate che arrivarono in casa della famiglia Orlandi. E’ stata trasmessa la parte finale, inedita, della telefonata dell'uomo che ha sollecitato la redazione di "Chi l'ha visto?" nel 2005 a indagare sulle ragioni della sepoltura di De Pedis a Sant'Apollinare: "Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant'Apollinare e del favore che Renatino fece al Cardinal Poletti all' epoca. E chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia stava con lei… con l'altra Emanuela"). A Roma, in via Montebello, c'era il bar della famiglia di Mirella Gregori.
Lo scorso aprile il latitante Antonio D'Inzillo, colui che avrebbe guidato la moto del killer di Enrico De Pedis e che avrebbe potuto fare importanti rivelazioni se interrogato in questi anni, è morto prematuramente per una malattia a Nairobi (Kenia). Nonostante le sue gravi condizioni di salute, l'uomo avrebbe rifiutato di lasciare il paese africano per farsi curare in Italia o in Sudafrica.
La verifica delle dichiarazioni di Sabrina Minardi, secondo la quale Emanuela Orlandi sarebbe stata sequestrata e portata nel sotterraneo che si trova sotto gli appartamenti di proprietà di Daniela Mobili, in via Antonio Pignatelli a Roma, ha portato la Squadra Mobile di Roma a fare un’importante scoperta. Effettivamente abbattendo un muro, è stato trovato un locale con annesso servizio igienico, collegato con i passaggi sotterranei che arrivano fino al vicino ospedale San Camillo.
Dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi furono fatti interventi anonimi scritti e telefonici per insinuare connessioni con la vicenda di Alí Agca e ipotizzare uno scambio con l’attentatore del Papa. L'ex ufficiale della Stasi Guenter Bohnsack ha però rivelato che furono proprio i servizi segreti della Germania Est a utilizzare il caso di Emanuela Orlandi per interferire nelle indagini sull’attentato a Papa Giovanni Paolo II, che puntavano sul ruolo degli agenti segreti bulgari: “Abbiamo sfruttato questo rapimento per mettere sotto pressione magistrati, politici o anche il Vaticano. Lo abbiamo sfruttato per dire : attenti, possiamo rifarlo, possiamo diventare anche piu’ cattivi se condannate Agca troppo duramente o se fate azioni contro i Lupi Grigi. Così abbiamo cercato di consolidare la tesi che metteva in relazione Agca con i Lupi Grigi, che Agca fosse un loro uomo. Abbiamo sfruttato il caso Orlandi come sfondo per la nostra attività di disinformazione”.
Quando è scomparsa Emanuela Orlandi aveva con sé l’astuccio contenente il suo flauto traverso. E’ stata mostrata una foto di lei che lo suonava ed è stato lanciato un appello a quanti siano in grado di fornire informazioni utili nel caso fosse stato ritrovato all’epoca senza essere collegato al caso.
In occasione dei 25 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi i familiari hanno fatto affiggere nella capitale e nelle regioni dove è presente l'associazione Penelope un manifesto identico a quello apparso sui muri di Roma nel 1983 e che è diventato una icona del caso. Questa volta è stato affisso accanto ad un altro, preparato con la stessa grafica, con la foto e i dati di Mirella Gregori, la cui scomparsa è stata spesso associata a quella della Orlandi in questi anni. In questo modo si è voluto ricordare a tutti anche l'attesa dei familiari delle tante persone scomparse i cui casi non hanno avuto la stessa visibilità di quelli delle due ragazze romane.
Per la prima volta Maria Orlandi, la madre di Emanuela, ha rilasciato un'intervista nella quale ha ricordato alcuni episodi della vicenda. Come quando, qualche giorno prima della scomparsa, Emanuela era quasi arrivata a casa di ritorno dal mare e stava camminando con delle amiche: un'auto l'aveva affiancata e un uomo ne era sceso, afferrandola per un braccio e dicendo: “E' questa”. La signora ha ricordato anche la rabbia del marito Ercole, venuto a mancare nel 2004, quando aveva appreso della protezione assicurata ad altre cittadine vaticane che avevano avuto la sensazione di essere pedinate in quel periodo. La figlia di Angelo Gugel, l'aiutante di camera di Giovanni Paolo II, la moglie e la figlia del capo della sorveglianza pontificia, Camillo Cibin, erano state avvertite e avevano potuto cambiare abitudini. Secondo Maria Orlandi il Vaticano sarebbe stato stato informato dai servizi segreti francesi dell'esistenza di un progetto di rapimento di una sua cittadina. Ma la famiglia Orlandi non era stata avvisata.
Le sorelle delle due ragazze scomparse nel 1983, Natalina, Federica e Cristina Orlandi e Antonietta Gregori, sono intervenute in studio. Federica Orlandi, l'ultima persona che ha parlato con Emanuela, ha ricordato la telefonata nella quale la sorella le ha detto della strana proposta di lavoro ricevuta da un sedicente rappresentante della Avon. Cristina, la sorella che l'ha aspettata invano al di là del ponte sul Tevere quel 22 giugno 1983, ha ricordato lo sgomento di non trovare Emanuela a casa come aveva creduto. Antonietta Gregori si è rivolta a chi può aiutare a chiarire i collegamenti della scomparsa della sorella Mirella con quella di Emanuela Orlandi.
Nelle ore precedenti la trasmissione erano stati diffusi ampi stralci dell'interrogatorio "segreto" di una cosiddetta supertestimone, rilanciati dall'agenzia Agi e ripresi dai telegiornali e dai siti dei principali quotidiani. Si tratta di Sabrina Minardi, a lungo legata a Enrico De Pedis, che avrebbe indicato proprio il capo della Banda della Magliana come coinvolto nel rapimento di Emanuela Orlandi, il cui corpo avrebbe poi portato lui stesso in un sacco a Torvajanica, vicino Roma. Da alcune frasi trapelate, la Minardi avrebbe detto di aver incontrato personalmente Emanuela. In altri frammenti di dichiarazioni la donna avrebbe coinvolto anche monsignor Paul Marcinkus, morto nel 2006, all'epoca presidente dello I.O.R. (Istituto Opere Religiose).
Nel 2006 “Chi l'ha visto?” era riuscito a intervistare Sabrina Minardi che aveva già parlato dei legami che Enrico De Pedis aveva con la mafia siciliana, la loggia massonica P2 e Roberto Calvi del Banco Ambrosiano, anche se aveva escluso un proprio coinvolgimento nella scomparsa di Emanuela Orlandi. In una parte non trasmessa della stessa intervista Sabrina Minardi aveva anche raccontato di avere accompagnato Enrico De Pedis, quando era latitante, a due cene in casa del senatore Giulio Andreotti. Episodi che adesso la donna avrebbe raccontato anche nelle sue deposizioni.
Natalina Orlandi, precisando di non avere ricevuto alcuna comunicazione dalla Procura di Roma sugli interrogatori della Minardi, si è detta preoccupata per questa fuga di notizie.
Durante la trasmissione, un amico di Emanuela Orlandi ha telefonato per riferire che il giorno prima della scomparsa, mentre si trovava insieme alla ragazza e ad altri amici, aveva avuto la sensazione che li stesse pedinando un giovane, del quale però ha detto di non ricordare il volto. Questa persona li avrebbe seguiti lungo tutto il tragitto dal Vaticano a viale Giulio Cesare, fino al ritorno a casa di Emanuela Orlandi. Può darsi che qualcuno del gruppo di amici di quel giorno ricordi maggiori particolari, che potrebbero essere utili. Un invito in questo senso è stato fatto anche dal fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, in collegamento dalla Casa del Jazz di Roma, allestita in una villa confiscata nel 2001 al cosiddetto cassiere della Banda della Magliana, Enrico Nicoletti, che l'aveva acquistata dal Vicariato di Roma per 400 milioni di lire a fronte di un valore all'epoca stimato in almeno 21 miliardi. Dopo avere espresso rammarico per il mancato nuovo appello del Papa, che era stato chiesto dalla madre Maria, Pietro Orlandi ha chiesto di farsi viva alla ragazza mora con i capelli ricci che il giorno della scomparsa era alla fermata dell'autobus dove le amiche accompagnarono Emanuela. La ragazza, che non è mai stata identificata, potrebbe aver frequentato la sua stessa scuola di musica. Forse potrebbe essere stata lei l'ultima persona ad averla vista e avere notato qualcosa di importante.
Alfredo Sambuco, il vigile urbano che prestava servizio davanti al Senato in corso Rinascimento a Roma il 22 giugno 1983, giorno della scomparsa di Emanuela Orlandi, ha sostenuto di aver scambiato qualche parola con la ragazza, che gli aveva chiesto dove fosse la sala Borromini, e con l'uomo che era con lei e che si presume coinvolto nel suo rapimento. L'uomo, che aveva una BMW di colore scuro metallizzato, gli aveva chiesto se poteva lasciare lì la sua auto. Il vigile ricorda che l'uomo era intorno ai trentacinque anni, alto all'incirca m. 1,70 e longilineo. Sulla base della sua descrizione i Carabinieri hanno preparato un identikit dell'uomo, che sembra non sia mai stato diffuso. Secondo il racconto di Sambuco, quando gli inquirenti lo hanno esaminato, avrebbero detto che assomigliava molto a una persona che loro conoscevano, ma che non poteva essere in Italia.
Questo identikit è stato mostrato da "Chi l’ha visto?" e messo a confronto con una fotografia di Enrico De Pedis. Sovrapponendo le due immagini, i tratti somatici, la fronte, gli occhi, il naso, la bocca, le rispettive forme e proporzioni sembrerebbero corrispondere.
All'epoca dei fatti, ossia nel giugno del 1983, Enrico De Pedis detto "Renatino" era ricercato e, in quanto latitante, per le forze dell'ordine avrebbe anche potuto trovarsi all'estero. L'anno seguente egli venne arrestato, ma, nonostante la somiglianza con l'identikit, non è mai stato messo a confronto con il vigile urbano. Secondo Nicolò D'angelo, uno dei protagonisti dell'indagine che ha portato ai grandi arresti della banda della Magliana, "non c'è nessuna prova processuale che la banda della Magliana sia coinvolta nel sequestro della Orlandi". Ma resta il grande mistero della sepoltura di De Pedis in una basilica del Vaticano.
Intanto, il 29 febbraio 2008, la banda della Magliana è tornata dopo molto tempo sulle pagine di cronaca nera dei giornali per un omicidio la cui dinamica ha ricordato le esecuzioni che hanno insanguinato la capitale negli anni settanta e ottanta: l’assassinio di Umberto Morzilli, noto come "Umbertino", che sembra fosse legato a storici esponenti della banda.
Dopo i servizi dedicati nel luglio scorso alla scomparsa di Emanuela Orlandi è pervenuta a "Chi l'ha visto?" una telefonata anonima: "Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica si Sant'Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all'epoca".
Dopo questa segnalazione "Chi l’ha visto?" ha scoperto importanti documenti riservati.
Nel centro di Roma, nei pressi di piazza Navona, si trova la basilica di Sant'Apollinare. Nella cripta, dove riposano le spoglie di Papi, cardinali e martiri cristiani, effettivamente c'è la tomba di Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei capi più potenti della banda della Magliana, assassinato il 2 febbraio 1990. Il 6 marzo seguente il rettore della basilica, mons. Piero Vergari, ne ha attestato con una lettera lo status di grande benefattore: "Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma - Trastevere il 15/05/1954 e deceduto in Roma il 2/2/1990, è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana".
Quattro giorni dopo l'allora Vicario generale della diocesi di Roma e presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il cardinale Ugo Poletti, ha rilasciato il nulla osta alla sepoltura di De Pedis all'interno di sant'Apollinare. Il 24 aprile dello stesso anno la salma di De Pedis è stata tumulata e le chiavi del cancello sono state consegnate alla vedova.
Nel 1995 il magistrato responsabile delle indagini sulla banda della Magliana, dr. Andrea De Gasperis, venuto a conoscenza di voci sul fatto, aveva incaricato la Direzione Investigativa Antimafia di verificare. Nell'estate del 1997 la notizia era apparsa sulle pagine del quotidiano romano "Il Messaggero", suscitando la protesta dei sindacati di Polizia e una interrogazione parlamentare del gruppo della Lega Nord. Nè il Vaticano nè l'Opus Dei, che nel 1992 aveva acquisito la struttura della basilica, avevano accettato di risponderne alla magistratura e tutto era caduto nel dimenticatoio.
Recentemente la Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato ha reso pubblica una immagine 'age progressed' che rappresenta una ipotesi di come potrebbe essere il volto di Emanuela Orlandi oggi. Natalina Orlandi, sorella di Emanuela, presente in studio durante la trasmissione, ha ricordato che la famiglia tentò di sporgere denuncia già due ore dopo il mancato rientro della sorella ma in commissariato le fu consigliato di attendere ancora qualche ora, tempo che i parenti utilizzarono facendo ricerche nella notte. All'epoca nella Città del Vaticano vivevano circa cinque o sei famiglie di laici con figli adolescenti. Sembra che altre tre donne appartenenti a queste famiglie abbiano avuto, come Emanuela Orlandi, la sensazione di essere seguite: la figlia di Angelo Gugel, aiutante di camera di Giovanni Paolo II, e la moglie e la figlia del capo della sorveglianza pontificia Camillo Cibin. Natalina Orlandi ha lamentato che di questo fatto la famiglia Orlandi non fu avvertita, altrimenti si sarebbero potute prendere delle precauzioni. La sorella della ragazza rapita, che spostò di due anni il suo imminente matrimonio, ha ricordato due dei punti sui quali si potrebbe fare luce a distanza di anni con la collaborazione del pubblico o il pentimento di chi sa e ha vissuto finora nel rimorso: rintracciare la ragazza con i capelli ricci che si avvicinò Emanuela Orlandi quando la sua amica andò via; scoprire chi erano i due telefonisti anonimi che si facevano chiamare Mario e Pierluigi e che erano sicuramente italiani.
Il 22 giugno 1983 le telecamere di sorveglianza del Senato, a pochi passi dalla scuola di musica di Emanuela Orlandi, erano puntate proprio sul luogo del presunto incontro con l'uomo della Avon ma quel giorno non erano in funzione. Un agente di Polizia, l'appuntato Bruno Bosco, e il vigile urbano Alfredo Sambuco, che prestavano servizio davanti al Senato, riferirono importanti testimonianze. Il primo ricordò di aver visto quel pomeriggio una ragazza che parlava con un uomo che le mostrava una borsa della Avon. Il vigile, intervistato dieci anni dopo, disse che l'uomo aveva una BMW scura e collaborò alla realizzazione di un identikit. Una volta terminato, al vigile fu detto che somigliava a una persona sospettata dai Carabinieri ma che sfortunatamente non si trovava più in Italia. Non è mai stato reso noto di chi si trattasse.
Domenica 3 luglio 1983 il Papa, durante l'Angelus, rivolse un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi, ufficializzando per la prima volta l'ipotesi del sequestro. Il 5 luglio, un uomo che è stato denominato "l'Americano", fece ascoltare al telefono una registrazione della voce di Emanuela Orlandi. Poche ore prima, in una telefonata al Vaticano, la stessa persona suggerì uno scambio tra Emanuela Orlandi e Alì Agca, l'uomo che aveva sparato al Papa. L'interlocutore anonimo citò anche i sedicenti Mario e Pierluigi delle prime telefonate, definendoli 'elementi dell'organizzazione'.
Il 6 luglio un uomo con voce giovanile e senza inflessioni dialettali informò l'agenzia Ansa della richiesta di scambio Orlandi-Agca, chiedendo l'intervento del Papa, dando una scadenza di 20 giorni e indicando un cestino di Piazza del Parlamento, dove era stata lasciata la presunta prova che Emanuela Orlandi era davvero in mano loro. Si trattava di fotocopie della tessera della scuola di musica, di una ricevuta di pagamento e di una frase manoscritta della ragazza rapita.
Sulla base dei suoi immediati interrogatori di Alì Agca, il primo magistrato che si è occupato del caso Orlandi, il Procuratore della Repubblica di Frosinone Margherita Gerundi, non ha mai creduto a un collegamento tra il rapimento Orlandi e l'attentatore del Papa. Secondo la dr.ssa Gerundi, Emanuela Orlandi probabilmente fu rapita e uccisa subito dopo un atto di violenza sessuale.
Mentre l'Americano, così chiamato per il suo strano e artefatto accento, continuava a chiamare, l'8 luglio 1983 un uomo con inflessione mediorientale telefonò a Laura Casagrande, una compagna di classe di Emanuela Orlandi dicendo che la ragazza era nelle loro mani, che avevano 20 giorni di tempo per fare lo scambio con Alì Agca, e chiedendo una linea telefonica diretta con Agostino Casaroli, Segretario di Stato del Vaticano. La linea fu installata il 18 luglio. Le telefonate dell'Americano continuarono, alternadosi alle indirette risposte pubbliche del Papa, ben sette, e all'atteggiamento ambiguo di Alì Agca, ormai condannato definitivamente, che pubblicamente si dissociava da quella che lui stesso definì un'azione criminosa, dichiarandosi a favore del Vaticano.
Uno spettatore, un giornalista che sta scrivendo un libro sul caso di Roberto Calvi, ha chiamato durante la trasmissione riferendo che, durante un intervista, il figlio del banchiere ucciso in circostanze misteriose avrebbe dichiarato che il rapimento della Orlandi sarebbe strettamente connesso alla vicenda del padre. Secondo lui sarebbe stato un tentativo di fare pressioni sul Vaticano affinché nessuno facesse rivelazioni su vicende che avrebbero visto coinvolto il Vaticano con il Banco Ambrosiano.
Il Vicariato di Roma interviene sulla vicenda della tomba di Enrico De Pedis, detto Renatino, affidando un comunicato a "Chi l'ha visto?" datato 2 luglio: "In relazione alla vicenda riguardante la tumulazione del Signor Enrico De Pedis nelle camere mortuarie della Chiesa di Sant'Apollinare, avvenuta nel 1990, il Vicariato di Roma comunica: Nulla osta da parte dell'Autoritá ecclesiastica che, su richiesta dell'Autoritá giudiziaria italiana competente, la tomba del Signor De Pedis possa essere ispezionata. Nulla osta a che, su richiesta dell'Autoritá giudiziaria italiana competente o della famiglia del signor De Pedis, la salma possa essere traslata altrove".
Una decisione importante perché ''finalmente il Vaticano si dice disponibile a collaborare alla ricerca della verità". La Procura di Roma ha accolto con soddisfazione la decisione del Vicariato. Da piazzale Clodio si ribadisce, comunque, che per il momento non ci sarà una nuova ispezione. Circa sei mesi fa, infatti, il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, accompagnato dal capo della squadra mobile, Vittorio Rizzi, ha già effettuato un sopralluogo nella cripta della basilica che sorge a poca distanza da piazza Navona. I pm titolari dell'inchiesta sul sequestro di Emanuela Orlandi prima di recarsi nuovamente nella chiesa vogliono effettuare ulteriori accertamenti e audizioni. In ambiti giudiziari, comunque, si sottolinea come la Procura non abbia mai fatto istanze in proposito al Vaticano, ma viene preso atto di tale gesto "con favore, considerando i tanti anni in cui non c'è stato alcun tipo di collaborazione''. Dal canto loro i familiari di De Pedis hanno dato la loro disponibilità a compiere esami sulla salma del loro congiunto. "Se deve essere compiuto un accertamento si proceda, ma finisca questa speculazione continua", ha affermato l'avvocato Maurilio Prioreschi che assiste, assieme al collega Lorenzo Radogna, la moglie e i fratelli di De Pedis a cui gli inquirenti hanno prelevato, in via preventiva, campioni del Dna.
Al momento nel registro degli indagati sono iscritte tre persone: si tratta di Sergio Virtù, l'autista di Renatino, Angelo Cassani detto ''Ciletto'' e Gianfranco Cerboni ''Giggetto''. I tre, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto un ruolo attivo nelle fasi del sequestro.
E' stata convocata a giorni una riunione al Vicariato di Roma alla quale parteciperà anche la Gendarmeria vaticana per studiare la possibilità di traslare la tomba di Enrico De Pedis dalla basilica di S. Apollinare. Lo ha reso noto l'agenzia Ansa. L'ora e il luogo della riunione sono stati già fissati ma sono tenuti riservati.
Si avvicina il momento dell'apertura e dell'ispezione della tomba di Enrico De Pedis nella basilica di Sant'Apollinare. Entro la fine di maggio la salma dovrebbe essere traslata nel cimitero di Prima Porta. Lo riferiscono fonti della procura di Roma riportate dall’Ansa.