Il primo settembre 2002 Luca Vanzo si è allontanato dalla comunità "La Rocca" di Piovene, ai piedi dell'altopiano di Asiago (Vicenza). Dopo pranzo sembra che abbia chiesto all'operatrice di turno le chiavi della casetta dove sono custoditi gli attrezzi di falegnameria. Dalle 15,30 è scomparso. All'allarme, dato dall'operatrice, sarebbero seguite brevi e sommarie ricerche. Si è infatti pensato subito ad un allontanamento volontario e perciò tutte le altre ipotesi sono state scartate. Nessuno ha sospettato che Luca Vanzo potesse invece trovarsi proprio a Piovene e che forse non si era mai allontanato definitivamente dalla comunità. Il giorno della scomparsa aveva piovuto e un operatore della comunità ha detto di aver visto il ragazzo da solo sulla strada di Schio, mentre camminava sotto un ombrello. Ma quell'operatore in realtà conosceva appena il ragazzo e per questo la segnalazione è risultata fuorviante.
La signora Luisa Vanzo, la madre, ha raccontato: "Parlando con gli operatori, con i ragazzi e un ragazzo di Schio, ci avevano detto che Luca diceva di voler andare ad Amsterdam e che parlava di Londra. Ci siamo messi subito in contatto con le ambasciate europee, con i consolati, con le associazioni, abbiamo contattato un'agenzia investigativa. Ci sembrava di aver fatto di tutto, però a noi non è mai passato per l'anticamera del cervello che a Luca potesse essere successo qualcosa a Piovene". Per tutto l'autunno e l'inverno la madre di Luca Vanzo ha incessantemente continuato a cercarlo. Poi, il 24 febbraio scorso, "Chi l'ha visto?" ha lanciato un appello ai telespettatori e di lì a poco nel paese di Altavilla qualcuno ha suggerito con insistenza, alla zia dello scomparso, che bisognava indirizzare le ricerche dentro e presso la comunità di Piovene, cioè nel luogo dove il ragazzo era stato accolto, sia pure in transito e per pochi giorni. Il mese successivo, il 17 marzo, i genitori di Luca Vanzo si sono trovati improvvisamente di fronte all'atroce realtà del ritrovamento dei resti di un corpo che potrebbe essere quello del figlio.
A questo proposito la signora Luisa Vanzo ha detto: "Siamo tornati da Amsterdam mercoledì e abbiamo sentito delle voci in paese, che a Luca fosse successo qualcosa a Piovene. Due o tre ragazzi del paese raccontavano di andare a cercare a Piovene. L'indomani mattina mi sono presentata alla stazione dei Carabinieri di Vicenza e ho detto "Io voglio che andiamo su, perché ci sono queste voci. Voglio che andiamo su con i cani, dobbiamo perlustrare, dobbiamo ripartire da Piovene, perché è inutile che noi continuiamo a girare l'Europa. Perché non serve a niente". Il lunedì mattina ci siamo trovati tutti a Piovene con i cani. Sul greto del fiume, sotterrato, uno dei cani ha trovato prima un omero e poi, scavando, è stato trovato un teschio.
Quindi si è trovata prima una scarpa e poi un calzino con le iniziali di Luca. I due medici legali, quello incaricato dalla procura e il nostro, escludono che questo corpo sia sceso dall'alto, perché il teschio è completamente intatto. Finché uno di questi ragazzi non si deciderà a dire qualcosa di quello che ha visto o di quello che ha sentito secondo le autorità sarà molto difficile arrivare a sapere qualcosa di più". Roberto Vanzo, il padre, ha spiegato: "A casa abbiamo degli altri calzini con le stesse iniziali. Però un calzino elastico non si sfila da un piede, anche se uno cade giù. Anzi, se si impiglia in qualche albero, tende a fermare il corpo ma non si sfila. Le scarpe sono state trovate a circa 40-50 metri in mezzo allo strapiombo. Non sono state trovate sul greto del torrente. Così pure il mazzo di chiavi appartenenti a questa famigerata casetta. Le autorità pensano che non possa trattarsi di incidente, ma di un omicidio, se si tratta di Luca. Questo lo sapremo probabilmente fra almeno un mese, tramite il DNA".
Don Mariano Ronconi, presidente della comunità dove Luca Vanzo era ospite al momento della scomparsa, riguardo al comportamento degli operatori ha dichiarato: "Considero professionalità quella dei miei operatori, che non abbiano infranto la privacy di una persona che poteva essere fuori del cortile e che certamente non poteva essere data voce che era o non era in comunità perché aveva dei problemi". Sembra che, qualche tempo dopo la scomparsa di Luca Vanzo, l'operatrice che gli aveva consegnato le chiavi abbia lasciato l'impiego. Resta da chiedersi se è vero quello che sostengono i signori Vanzo e cioè che per mesi e mesi le ricerche degli inquirenti relative all'area della comunità siano state blande. La signora Vanzo ha infatti riferito: "Verso il 20 settembre i Carabinieri di Piovene hanno fatto una perlustrazione.
Però l'hanno fatta, da quanto mi hanno riferito loro, con un cannocchiale dal ponte vecchio, perché mi dicevano che non si poteva tanto scendere a Valle". Il signor Roberto Vanzo ha commentato: "Bisognava effettuare delle ricerche approfondite che evidentemente non sono state fatte. Non possono incartarci questa vicenda come un incidente o un suicidio qualcosa deve essere successo e chi più delle autorità deve spiegarci cosa?"
La madre di Luca Vanzo ha continuato a tornare sul luogo dove sono stati trovati i resti del corpo che potrebbe essere del figlio, nella speranza di trovare una traccia, una risposta. Luca Vanzo era arrivato nella comunità di Piovene, quasi di sua iniziativa, giovedì 29 agosto 2002. Ma poi qualcosa non è andata per il verso giusto: di notte non dormiva e la mattina di sabato 31 se ne era lamentato per telefono con la psicologa di Vicenza. Avrebbe già voluto andarsene dal lunedì successivo. Dal primo settembre Luca Vanzo è scomparso e a metà marzo i genitori hanno assistito al ritrovamento dei resti di un corpo sul torrente Astico. Con il ritrovamento delle scarpe da ginnastica Nike e di un calzino con le iniziali del giovane, si è avuta quasi la certezza che si trattasse proprio di lui. In cima allo strapiombo che finisce nel torrente c'è il bosco della comunità di Piovene, recintato lungo il ciglio del burrone.
Nel fitto della boscaglia sono state ritrovate anche le chiavi della casetta degli attrezzi, quelle che l'operatrice della comunità aveva affermato di aver consegnato a Luca Vanzo. Quelle chiavi erano forse nelle tasche dei pantaloni? Gli abiti non sono mai stati trovati e, secondo la perizia, perché ne uscissero le chiavi la tasca avrebbe dovuto strapparsi e il corpo avrebbe dovuto fermarsi sulla scarpata. Non è stato possibile rintracciare né l'operatrice, nel frattempo trasferitasi, né i due ragazzi che sono stati espulsi dalla comunità nel mese di settembre, poco dopo la sparizione di Vanzo (uno di loro sarebbe poi stato fatto rientrare). L'operatrice avrebbe dato una precisa descrizione dei vestiti che Luca Vanzo avrebbe indossato il pomeriggio della scomparsa, ma quei vestiti risulterebbero gli stessi trovati invece nella cameretta del ragazzo.
Gli interrogativi a cui dare una risposta sono tanti. Perché sulle ossa non c'è traccia di contusione o di frattura? Si potrebbe supporre che il corpo fosse stato sepolto a mezza costa e che una piccola frana lo abbia fatto scivolare qualche metro più giù, seppellendolo? Oppure che qualcuno lo abbia portato nel torrente, passando sul sentiero del versante sinistro del bosco? Per riuscire a dare qualche risposta è importante anche sapere cosa può essere accaduto in quei pochi giorni di permanenza di Luca Vanzo in comunità.
Anche se non è ancora arrivato il responso del Dna i periti non hanno più dubbi: il corpo del giovane trovato nel greto del torrente Astico è quello di Luca Vanzo. Ora si cerca soprattutto di capire quali possano essere state le cause e le modalità del decesso. Dopo l'esame comparativo dei seni frontali e dei denti, la dottoressa Cattaneo, dell'Istituto di antropologia forense di Milano, ritiene che non ci siano possibilità di errore. Coadiuvata dal medico legale e da volontari della protezione civile, con l'impiego di cani specializzati nella ricerca di ossa umane, la dottoressa è tornata a fare ulteriori ricerche sul torrente. Alla fine di due giornate di intenso lavoro è stato trovato un calzino, forse quello mancante, e alcune ossa del piede. Il Dottor Andrea Galassi ha però precisato: "Quanto è stato trovato oggi incide in minima parte sulla totalità di ciò che abbiamo. L'indagine di una scarpata del genere è estremamente difficoltosa".
I genitori di Luca Vanzo vorrebbero delle risposte e gli inquirenti vorrebbero dare loro delle certezze. A tutt'oggi sono ancora in piedi due ipotesi: una propende per la caduta o lo scivolamento dall'alto; l'altra nega che possa trattarsi di questo. Come aveva rilevato lo stesso medico legale, il dr. Galassi, il teschio e le poche ossa rinvenute non presentano traccia di lesioni o contusioni da caduta. Dunque, mancando gran parte dello scheletro, non è stato ancora possibile decifrare con sicurezza le modalità del decesso. "Chi l'ha visto?" ha rintracciato l'operatrice che era di turno il giorno della scomparsa di Luca Vanzo, ma la donna non ha voluto parlare, nemmeno con la madre del ragazzo. Secondo la versione fornita sui fatti avvenuti il primo settembre 2002, Luca Vanzo, preso dalla passione per il bricolage, avrebbe chiesto e ottenuto le chiavi della falegnameria. Poi sarebbe uscito di nascosto dalla comunità in cerca di un pezzo di legno da intagliare e sarebbe scivolato nel bosco. Ma a molti è apparso strano che siano state consegnate le chiavi ad un giovane che era appena entrato in comunità e che chiedeva di andare a lavorare in un posto isolato e non sorvegliato.
L'esame comparativo del DNA ha confermato che i resti umani trovati sul greto del torrente Astico sono di Luca Vanzo. In precedenza aveva dato esito analogo il confronto tra il lobi frontali del teschio ritrovato con una radiografica del giovane scomparso, eseguito dal Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell'Istituto di Medicina Legale dell'università di Milano, diretto dalla dr.ssa Cattaneo. Restano da chiarire le circostanze della morte.
A distanza di un anno dal ritrovamento dei suoi resti non si sa ancora nulla sulle circostanze della morte di Luca Vanzo. Le chiavi della casetta attrezzi, ritrovate bene in vista, non erano ossidate e nemmeno la targhetta era sbiadita, nonostante l'umidità. Così come la scarpa, ritrovata in ottime condizioni, non sembrava essere rimasta esposta alle intemperie per quasi sette mesi. Anche la dinamica della eventuale caduta del corpo sembra incompatibile con la morfologia della scarpata, che presenta un pianoro intermedio impossibile da scavalcare. Intanto i genitori insistono ancora perché si indaghi senza trascurare nessun elemento.