Data pubblicazione:02/02/2009
L’ombra del delitto politico.
Mentre scolora la pista della vendetta passionale, sull’omicidio ad Ugento dell’esponente dell’Italia dei Valori, detto il “Masaniello del Salento”, gli inquirenti vagliano gli elementi che fanno pensare all’eliminazione dell’autore di denunce “scomode”.
A Ugento si confrontano le ipotesi del parroco e del sindaco sul movente dell'omicidio del consigliere provinciale Peppino Basile, ucciso con quaranta coltellate fuori della sua casa una sera di giugno del 2008. Il religioso, amico della vittima, respinge fermamente il movente passionale e invita ad approfondire le denunce di Basile su presunti casi di malaffare locale.
Attività tecniche e la testimonianza oculare di due bambini hanno permesso agli investigatori dei Carabinieri e della Polizia, coordinati dalla procura della Repubblica di Lecce, accusare Vittorio Colitti, agricoltore di 66 anni, e al nipote Luigi, studente di 19, dell'omicidio a coltellate di Peppino Basile, consigliere comunale e provinciale di Italia dei Valori, avvenuto a Ugento nella notte ta il 14 il 15 giugno del 2008, vicino all'abitazione della vittima. Alla base del delitto ci sarebbero contrasti di vicinato. I due sono stati arrestati in esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare. Le testimonianze sono emerse solo recentemente. L'anziano agricoltore era stato sentito come testimone in quanto vicino di casa ma il suo racconto non aveva mai convinto gli inquirenti.
"Sono loro che hanno dato le botte a Peppino": non ha avuto esitazioni la bimba di sei anni ritenuta dalla pubblica accusa testimone chiave dell'omicidio di Peppino Basile. Ascoltata davanti al gip del Tribunale per i Minorenni, Cinzia Vergine, e al pm Simona Filoni, ha riconosciuto in alcune immagini Vittorio Luigi Colitti, il presunto omicida, all'epoca dei fatti 17enne, e il nonno Vittorio, che avrebbe agito in concorso con il nipote. Nel dicembre scorso la piccola confermò agli inquirenti quanto vide dalla finestra della sua abitazione la notte in cui venne svegliata dalle urla provenienti dalla strada, mentre Basile veniva ucciso con 24 coltellate. In quella circostanza descrisse gli aggressori ma ebbe qualche tentennamento nel riconoscerli. Oggi, invece, non ha avuto dubbi quando le sono state mostrate immagini televisive di un corteo che si era svolto ad Ugento in favore dei due indagati. I legali dei due indagati, che sono in carcere con l'accusa di aver ucciso Basile, loro vicino di casa, per futili motivi, hanno contestato questo secondo incidente probatorio e annunciato un ricorso al garante dell'Infanzia.
Con l'ammissione delle prove e di una serie di testimoni è cominciato dinanzi ai giudici del Tribunale di Lecce per i Minorenni il processo con rito immediato a Vittorio Luigi Colitti, 19 anni, accusato, insieme col nonno Vittorio, di 67 anni, dell'uccisione di Giuseppe Basile. Colitti (difeso dagli avvocati Francesca Conte e Roberto Bray) all'epoca dei fatti aveva 17 anni. E' accusato, in concorso con il nonno, di omicidio volontario e di detenzione e porto illegale di arma bianca. Le indagini riguardanti il più anziano dei due sono tuttora in corso. La prossima udienza del processo si terrà il 28 maggio con l'audizione dei primi testimoni e il conferimento dell'incarico per la trascrizione di alcune intercettazioni telefoniche ammesse nell'udienza odierna. Secondo l'accusa (sostenuta per la procura per i minorenni dal pm Simona Filoni e per la procura presso il Tribunale di Lecce dal sostituto procuratore Giovanni De Palma), il delitto sarebbe maturato nell'ambito di vecchi rancori tra vicini di casa. Quella notte, al culmine dell'ennesimo litigio in strada, il più giovane dei Colitti avrebbe trattenuto Basile, mentre il nonno gli avrebbe inferto le coltellate. Ad accusare i due c'è soprattutto la testimonianza di una bambina, che avrebbe assistito al delitto dalla finestra dell'abitazione della nonna.
E' tornato in libertà dopo nove mesi di carcere (venne arrestato il 25 novembre scorso quand'era ancora minorenne), Vittorio Colitti junior. La Cassazione ha accolto le tesi dei suoi due difensori, gli avvocati Francesca Conte e Roberto Bray, in particolare quelle sull'attendibilità della cosidetta baby testimone.