Data pubblicazione:15/06/2010
Era l' 11 novembre del 1981 quando Palmina Martinelli, appena 14enne, venne ritrovata nella sua abitazione di Fasano dal fratello maggiore Antonio, che rincasava intorno alle 16.25, in piedi sul piatto doccia del bagno di servizio con il corpo avvolto dalle fiamme, nel tentativo di salvarsi, reso vano dalla mancanza d’acqua. Sia al fratello che le prestò i primi soccorsi, sia ai medici, agli infermieri e ai carabinieri che per primi la interrogarono, fece con lucidità i nomi dei suoi carnefici, che dandole fuoco avevano voluto punirla per essersi rifiutata di prostituirsi. Presso il Centro di Rianimazione del policlinico di Bari dove fu trasportata per la gravità delle ustioni riportate, Palmina Martinelli rilasciò le sue ultime dichiarazioni alla presenza del pubblico ministero Nicola Magrone e del dott. Tommaso Fiore, responsabile del centro. Le sue parole vennero prima trascritte a verbale e poi registrate anche su nastro magnetico. Con tutta la voce che ancora aveva in corpo, Palmina rispose alle domande degli inquirenti: "Chi ti ha fatto del male?". "Giovanni, Enrico", disse. "Puoi dire anche il cognome di queste persone?' "Uno Costantino. L'altro non lo so". "Cosa ti hanno fatto queste persone?". "Alcol, fiammifero". Giovanni Costantino, uno dei due uomini indicati da Palmina era il ragazzo di cui lei era innamorata. All'epoca dei fatti aveva 19 anni, faceva il militare a Mestre e Palmina gli scriveva delle lettere d'amore. Costantino era già stato incarcere e con il fratellastro Enrico procacciava ragazzine da avviare alla prostituzione. La sorella maggiore di Palmina, Franca, aveva subìto questo destino: si era innamorata di Enrico, era andata a vivere in una chiesa sconsacrata con il giovane e la madre di lui, e dopo aver dato alla luce una figlia, venne costretta a prostituirsi. Come Enrico con Franca, anche Giovanni stava tessendo la sua tela intorno a Palmina. Quindi la stessa Palmina accusò i suoi assassini, indicò la dinamica, il movente e l'ambiente in cui maturò l'omicidio. Pochi giorni dopo le sue dichiarazioni, il 2 dicembre, morì. Il processo davanti alla Corte d'Assise di Bari iniziò il 28 novembre del 1983 e si concluse il 22 dicembre dello stesso anno con l'assoluzione degli imputati principali per insufficienza di prove. La Corte, per esclusione, avvalorò l'ipotesi del suicidio, sostenuta anche da una lettera lasciata da Palmina sul tavolo della cucina di casa e così interpretata: "Depressa per come veniva trattata in famiglia, avrebbe scritto una lettera di addio alla madre e si sarebbe suicidata dandosi fuoco da sola". Contro la sentenza di primo grado, il Pm propose impugnazione. Ma ciò non servì a modificare il verdetto, confermato sia in Appello, nel 1987, che in Cassazione, l'anno dopo. La sorella Giacomina non ha mai avuto dubbi, Palmina non si sarebbe mai suicidata. A distanza di 29 anni dalla morte della sorella Giacomina Martinelli chiede la riapertura del caso. Alla sua voce si sono aggiunte quella della sorella Carmela e del fratello Roberto, che ha mandato un appello via email durante la trasmissione.
Importanti testimonianze sulla morte di Palmina Martinelli, la ragazzina di Fasano bruciata viva a solo 14 anni, sono emerse dopo la puntata di martedi 15 giugno. Tutti coloro che l’hanno conosciuta sono stati concordi nell’affermare che Palmina non avrebbe mai potuto suicidarsi, dandosi fuoco da sola. Tra le tante dichiarazioni rilasciate da parenti e amici, una in particolare assume grande significato: e’ quella di una sua ex compagna di scuola, Maria Apruzzese, mai ascoltata in Tribunale durante lo svolgimento del processo, la quale ha ribadito a “Chi l’ha Visto?” che proprio il giorno della disgrazia la ragazzina aveva pianificato la fuga in Germania insieme a lei: Maria voleva allontanarsi dall’Istituto nel quale viveva e ricongiungersi al padre emigrato in quella terra lontana e Palmina voleva evadere dal suo ambiente familiare, dominato dai pettegolezzi e dalle restrizioni paterne. Tale affermazione dunque escluderebbe categoricamente l’ipotesi del suicido: se Palmina quell’ 11 novembre aveva pianificato di fuggire e’ vero che non si voleva uccidere e se non l’ha fatto lei, qualcun altro ha dovuto cospargerla di alcool per darle fuoco e questo qualcuno non ha mai pagato per tale delitto.
"Largo Palmina Martinelli (1967-1981) giovane vittima di crudele violenza'' è scritto sulla targa scoperta dalla sorella Giacomina insieme all'ex pubblico ministero Magrone e al sindaco Lello Di Bari. Nicola Magrone fu pm nel processo per l'omicidio di Palmina Martinelli. Magrone con l'aiuto dei medici rianimatori, registrò le ultime dichiarazioni della ragazza. L'iniziativa del Comune - ha detto l'ex pm - ''è un gesto di altissimo valore morale e civile; esso, onorando Palmina, onora la comunità di Fasano, il sindaco e l'amministrazione''. Il sindaco Lello Di Bari era, nell'81, medico - chirurgo nell'ospedale di Fasano e tra i primi fu chiamato a prestare soccorso a Palmina trovata agonizzante in casa, col corpo ustionato in massima parte. Lo scoprimento della targa intitolata a Palmina - ha detto il sindaco - è ''un atto non formale per me, ma certamente velato di un'emozione del tutto particolare''. ''Palmina - ha concluso - è, e rimarrà, il simbolo di una ragazzina che ha avuto la forza di dire no a chi la voleva portare sulla strada della prostituzione e che per questo rifiuto ha trovato la tragica morte''. Alla cerimonia nella piazza adiacente al Comando della polizia municipale hanno partecipato anche i ragazzi dell'associazione antimafia 'Libera' che da alcuni anni ha inserito il nome della quattordicenne tra quelli delle vittime dell'omertà e della mafia, sottolineando che ''in punto di morte Palmina pronunciò il nome dei suoi aguzzini, ma quella voce ridotta a un filo dall'agonia non fu ascoltata da nessun giudice''. L'intitolazione della via è partita da una petizione che fu avviata nel dicembre 2010 da Sinistra ecologia e libertà (Sel) e alla quale lo stesso sindaco Di Bari, che è invece alla guida una coalizione di centrodestra, volle apporre la propria firma, seguendo poi l'iter per giungere all'approvazione dell'iniziativa. A febbraio è arrivata anche l’approvazione del Prefetto di Brindisi.
Esistono ''riscontrati fatti certi'' dai quali ''deriva senza ombra di dubbio la prova dell'omicidio volontario''. Lo sostiene la denuncia che una delle sorelle di Palmina Martinelli, ha presentato al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Brindisi, Marco Dinapoli, chiedendo che si cerchino ''gli autori dell'omicidio doloso''. Nella denuncia presentata da Giacomina Martinelli, assistita dall’avv.Stefano Chiriatti, si sottolineano vari aspetti per i quali certamente Palmina è stata uccisa, bruciata viva a 14 anni a Fasano l'11 novembre 1981: tra tutti, una perizia che l'anatomopatologo Vittorio Pesce Delfino, docente nell'Università di Bari, ha compiuto utilizzando recenti tecniche di analisi di immagine computerizzata, nel laboratorio della Società Consortile Digamma, sulle ustioni di Palmina. ''Il volto di Palmina era protetto scrive tra l'altro Pesce Delfino - con entrambe le mani prima dello sviluppo della vampata e quindi dell'innesco dell'incendio. L'incendio fu quindi provocato da altri''.
La Prima Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza del 30 marzo, ha annullato senza rinvio l’ordinanza del gip di Brindisi del 28 aprile 2015 che aveva disposto l'archiviazione dell'inchiesta sulla morte "a causa delle ustioni riportate nel suo abbruciamento" di Palmina Martinelli. La suprema Corte ha accolto il ricorso della sorella Giacomina, assistita dall'avvocato Stefano Chiriatti. La sentenza dispone la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, territorialmente competente per la nuova inchiesta
A distanza di 36 anni, la Procura di Bari ha riaperto le indagini sulla morte della ragazza, con l’ipotesi di omicidio volontario aggravato a carico di ignoti. Il nuovo fascicolo è stato affidato alle pm Simona Filoni e Bruna Manganelli. Dopo una prima fase di studio dei precedenti fascicoli sulla morte di Palmina, i magistrati di Bari hanno ritenuto che ci siano margini di approfondimento per l’identificazione di eventuali corresponsabili nel delitto. Nelle prossime settimane saranno convocate dagli inquirenti decine di persone, familiari e conoscenti della vittima, informate sui fatti.